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Il Parlamento spende 2,5 milioni per i viaggi degli ex onorevoli

Lucia Esposito
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Il 26 marzo scorso per l'ultima volta nella legislatura corrente ha aperto i battenti il corridoio verde della Camera dei Comuni a Westminster Palace. In Inghilterra si vota  come sempre il primo giovedì di maggio, e quel 26 marzo si è svolta l'ultima seduta del Parlamento. L'aula è terminata alle ore 15 con un ultimo avviso ai 650 member of parliament: «Avete due ore per liberare dalle vostre cose gli uffici». Due ore. E non si scherza. Alle 17 il Sergeant at Arms, che è il responsabile dell'ordine e della sicurezza della Camera dei comuni, ha iniziato il giro del palazzo, e ha chiuso a chiave tutte le porte degli uffici. Alla fine ha chiuso anche la porta di ingresso del corridoio verde, che divide quell'ala della camera eletta dalla House of Lords. In quell'esatto istante tutti i 650 deputati hanno perso il loro status. Sono tornati cittadini comuni, senza alcun privilegio. Più o meno in quelle ore l'ufficio di presidenza della Camera dei deputati italiani rinviava per l'ennesima volta la decisione sul dossier preparato dal Collegio dei Questori per tagliare le spese di viaggio degli ex parlamentari. Forse pochi lo sanno: anche se una prima riforma con annessa riduzione dei privilegi è stata varata nel 2009, ancora oggi il Parlamento italiano paga oltre ai vitalizi maturati anche alcuni viaggi in treno e in aereo a chi un tempo fu deputato o senatore. Il massimale annuo a cui hanno diritto in questo momento non è altissimo: 2.700 euro per un ex deputato, 2.200 euro per un ex senatore. Non ci sono limiti di tempo alla Camera, si può godere di quel piccolo privilegio al Senato a patto che non siano passati più di 10 anni da quando il beneficiario aveva terminato l'ultimo mandato parlamentare. Complessivamente i due rami del Parlamento spendono a questo scopo circa 2,5 milioni di euro all'anno. Una goccia, vero, nel mare magnum delle spese per organi costituzionali che oltrepassano il miliardo e mezzo di euro all'anno. Ma una goccia che non ha alcuna ragione di essere versata. Perchè quei 2,5 milioni di euro all'anno con cui vengono finanziati gli spostamenti degli ex sono comunque un fatturato di tutto rispetto per la “Casta Crociere”. Oltretutto il massimale di rimborso annuo è tale solo sulla carta, perchè i verbali in forma succinta dei collegi dei Questori sono zeppi di richieste di ex che hanno già raggiunto il tetto previsto e supplicano di fare un eccezione, e rimborsare anche l'ulteriore biglietto aereo o treno che ha superato la quota. Se si trovano risorse fra le pieghe di bilancio- e si trovano sempre - le richieste di questi grandi viaggiatori vengono puntualmente accolte, grazie al buon cuore dei nuovi colleghi. Magari lo fanno pensando a quel domani in cui potranno avere la stessa esigenza.E viaggiare gratis per una vita può fare piacere a tutti. Deve essere proprio così, perchè da mesi l'ufficio di presidenza della Camera sta cercando almeno di ridurre quel privilegio degli ex che non ha pari in altri paesi europei. Ma non ci riesce, perchè il dossier viene sempre rinviato di seduta in seduta per «approfondimenti». La proposta avanzata non era clamorosa: dal primo gennaio 2015 «un plafond unico di euro 960, per tutti i deputati che sono cessati dal mandato a decorrere dal 1° gennaio 2005; la possibilità di usufruire del rimborso dei viaggi aerei e ferroviari limitata a un periodo di 10 anni dalla fine del mandato parlamentare; sarà consentito il solo rimborso dei viaggi aerei e ferroviari effettuati sul territorio nazionale per i collegamenti con Roma». Il primo a chiedere il rinvio è stato nell'ottobre scorso il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio (M5s) per capire meglio la proposta. Poi quelli a cui sembrava così complicata si sono moltiplicati. E la Casta crociere continua a prosperare. Franco Bechis

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