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Belpietro: togliamo la pensione a tutti i politici

Eliana Giusto
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Chiariamo subito una cosa: un onorevole non è assunto dal popolo italiano, ma è eletto pro tempore affinché rappresenti alcune idee e alcuni interessi del popolo italiano. Punto e basta. Dunque, non essendo dipendenti di chicchessia, deputati e senatori in cambio del servizio prestato dovrebbero ricevere al massimo un rimborso spese e nulla più. Invece, come è a tutti noto, ricevono una indennità (cioè uno stipendio), diarie e contributi vari, più altro genere di aiuti (assistenza medica, biglietti gratis, etc etc) e perfino un vitalizio. Con il risultato che alcuni, pur essendo dipendenti di aziende private e godendo dei contributi figurativi che garantiscono la pensione nonostante l'assenza dal lavoro, quando lasciano il Parlamento, oltre a una buonuscita per il reinserimento nel mercato, che è l'equivalente di un Tfr, ricevono pure un vitalizio che si somma a quello che otterranno per il lavoro che non hanno fatto. Il problema perciò non è se togliere o meno la pensione agli onorevoli condannati. Il problema è togliere la pensione a tutti gli onorevoli. Stop. Altrimenti, come succede, c'è chi entra in Parlamento convinto di aver vinto alla lotteria e non ha più intenzione di andarsene, perché quello è il modo di sbarcare il lunario e anche di raddoppiarlo. Ha ragione Ugo Sposetti, un vecchio senatore comunista i cui baffi ricordano quelli del compagno Stalin: così a certi ex onorevoli si nega il diritto alla sopravvivenza. Già: mentre agli ex dipendenti, cioè a quelli che hanno perso il lavoro e non hanno la pensione per gli effetti di una legge Fornero votata dalle Camere, la sopravvivenza si può negare? Non vorremmo però a tutti i costi sembrare polemici e apparire bastian contrari anche su ciò che, agli occhi dei più, appare come una cosa buona, ossia l'abolizione dei vitalizi ai condannati. E però siamo sicuri che sia davvero una cosa buona? Già, perché non soltanto sul provvedimento gravano i rischi di ricorsi alla Corte costituzionale, ma ancor di più gravano ombre sul reale vantaggio per la collettività. Ci spieghiamo. Per come la misura è stata congegnata, le eccezioni che consentono a chi è condannato di continuare a godere del privilegio sono molte. Innanzitutto si fa differenza fra condanna e condanna e si prevede che in caso di riabilitazione un onorevole possa tornare a godere del vitalizio, ma di scappatoie ce ne sono anche altre. Dagospia ad esempio segnala che, in caso di patteggiamento, la revoca della pensione surrogata non vale. Dunque, uno può essere condannato e beccarsi quattro anni di galera ma continuare a ricevere l'assegno di Camera e Senato, mentre chi è punito con soli due anni ma con sentenza definitiva l'accredito mensile di Montecitorio o Palazzo Madama se lo vedrà negare. Follie di una legge che sembra scritta per essere aggirata o - ancor meglio - per gettare un po' di fumo negli occhi. Tuttavia, ancor di più di quanto s'è detto, a far storcere il naso è la notizia che il nostro Franco Bechis ha scovato, ossia che il vitalizio può essere revocato, ma i contributi a questo punto devono essere rimborsati. Tradotto, significa che invece di ricevere mensilmente una certa somma, l'onorevole condannato si vedrà versare in banca in un colpo solo tutto ciò che gli sarebbe stato restituito con comodo. L'esempio migliore è quello riguardante Silvio Berlusconi, fresco di sentenza Mediaset, che grazie al provvedimento appena varato non riceverà più gli 8mila euro lordi che gli erano dovuti, ma ne incasserà in un botto 222mila. Il caso dell'ex Cavaliere fa capire come la demagogia di Laura Boldrini e di Pietro Grasso, i due presidenti che hanno tenuto a battesimo il provvedimento di cancellazione della pensione ai parlamentari condannati, in realtà faccia a pugni con la logica. Così, mentre Berlusconi con quei soldi potrà fare il beau geste di rifiutarli o di devolverli in beneficenza, altri onorevoli cui si intende negare il vitalizio in realtà ringrazieranno, perché in un'unica soluzione incasseranno il malloppo, risolvendo in tal modo eventuali urgenze familiari. Chi infatti, posto di fronte all'alternativa di tutto e subito o di poco e a rate sceglierebbe la seconda opzione? Bechis ha provato a fare due conti e il risultato sono le cifre pubblicate qui a fianco, in modo che ognuno possa tirare le somme. Di una cosa comunque siamo certi. Che tra i condannati qualcuno l'altro ieri si è fregato le mani, ringraziando i valenti statisti che presiedono il Parlamento. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet

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