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Raffaele Fitto: "Fra Berlusconi e Renzi c'è un Nazareno privato"

Andrea Tempestini
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La rottura con il Cav ha dato a Raffaele Fitto un vantaggio certo. Anzi, più che a lui, a sua moglie, la bella Adriana. La coppia ha avuto due settimane fa la piccola Anna, prima bimba dopo Salvatore e Gabriele. Parto perfetto, svolto nella massima tranquillità per la mamma. Tutto l'opposto di anni fa quando venne al mondo uno dei maschietti e il Cav ne combinò una delle sue. Ospite di Fitto in Puglia, il Berlusca, per ingraziarsi la folla durante un comizio, annunciò l'avvenuta nascita del bambino. Non era vero niente perché mancavano 48 ore. Così Adriana, ancora in preda alle doglie, fu sommersa di telegrammi e fiori perdendo la pace necessaria nel frangente. Per lei fu un terribile stress e Raffaele, se non fosse stato per l'affetto, avrebbe volentieri strozzato il Cav per la sua patologica esuberanza. Ora che i due non si frequentano più, il pericolo di un bis è sventato per sempre. Il quarantaseienne Raffaele, che è seduto di fronte a me in un bar nei pressi di Montecitorio, è appena tornato da Strasburgo dove da un anno e mezzo è deputato Ue. Si lamenta un po' per i faticosi collegamenti aerei con Roma, per tacere della difficoltà aggiuntiva di raggiungere Maglie, in quel di Lecce, dove abita. Ma si vede che, in realtà, è raggiante. Aggettivo che uso solo per dare l'idea perché del tutto inadatto a un temperamento ombroso e controllato come il suo. La nascita di Anna non è infatti la sola buona notizia delle ultime settimane. Dopo un decennio sotto la spada di Damocle di due processi per tangenti e corruzione, sono venute una dietro l'altra le sentenze di assoluzione per entrambi. «Il fatto non sussiste» per l'accusa di avere intascato da governatore della Puglia (2000-2005) cinquecentomila euro in cambio di un appalto sanitario. All'epoca, i giudici pretesero addirittura l'arresto preventivo del mascalzone. Ma la Camera, cui il delinquente apparteneva, rifiutò. «Per non avere commesso il fatto» è invece la motivazione dell'altra assoluzione per turbativa d'asta. Il reato in questo caso era prescritto ma Fitto, per tigna, aveva rinunciato al vantaggio. E ora la sua innocenza è nero su bianco. «Te ne stai lì zitto, senza commentare queste belle soddisfazioni?», gli dico dopo che un paio di deputati sono venuti a salutarlo al tavolo dove sediamo. È l'ora di pranzo e abbiamo attorno un bivacco di onorevoli che masticano stuzzichini. «Non voglio fare riflessioni a caldo - replica Raffaele - Posso però dirti è che sono stati dieci anni di tormenti che hanno compromesso la mia serenità». «Infatti, sei perfino meno sorridente del solito», dico. «Ognuno ha il suo carattere - osserva - Certo però che questa vicenda giudiziaria ha pesato. Per anni, i giornali hanno anticipato le sentenze dandomi del corrotto, del mostro e compagnia. Non è il massimo della vita». «A suo tempo, definivi i pm che ti accusavano “un manipolo di legionari”, cioè prevenuti. Ne hai avuto la conferma», osservo. «Lorenzo Nicastro, il pm che mi prese di mira, me lo sono ritrovato poco dopo capolista di Italia dei Valori alle elezioni regionali e poi assessore nella giunta di Nichi Vendola. Era cioè un mio avversario politico. Lascio a te il commento». Fa una pausa e cominciamo come tutti a sgranocchiare appetizer sorseggiando drink. Da sette mesi sei fuori da Fi. Orfano o più te stesso? «Più me stesso. Anche se ho cercato fino all'ultimo di evitare la rottura». Che era successo? «Ho detto a Berlusconi ciò che pensavo: che il patto del Nazareno era un errore e le riforme sbagliate. Specie, quella elettorale». Che ora non piace neanche al Cav. «Ma l'ha votata. Io l'avevo detto fin dall'inizio e, con quelli che mi hanno poi seguito nella scissione, ho rifiutato di votarla». Sei passato per traditore. «Non possono dirmelo. Negli anni accanto al Cav non ho mai rinunciato alla mia autonomia di giudizio. Sempre stato netto e chiaro». Qual era il clima in Fi? «Impossibile discutere e prendere decisioni comuni. Sulle riforme, Berlusconi non si è consultato con nessuno». Ha fatto il capo all'antica. «Ai tempi della sua leadership, poteva tenere dentro tutto, dissensi compresi. Oggi, che non è più così, deve discutere e conquistare l'assenso degli altri». Molti accettano questo stato di cose. «Tanti, in privato, condividevano la mia posizione. Ma, alla prima minaccia, si riallineavano». Consideri finito il Cav? «Parabola conclusa. Ha inanellato errori su errori. Continua però a dire che non sbaglia mai. Mi chiedo come faccia quando Fi passa da dieci a quattro milioni di voti». Come fa? «Ogni tanto, butta fuori dal partito qualcuno e va avanti». Fi è svanita. Al partito non c'è letteralmente nessuno che risponda al telefono. «Dettaglio finale di quanto abbiamo detto. Ora incolpano la fine del finanziamento dei partiti. Eppure l'hanno votata loro. Votano e poi contestano». Che è successo nella testa del Berlusca? «Vuole decidere senza rotture di scatole. Più hai ragione e più si infastidisce perché lo costringi a cambiare idea». L'hai vissuto sulla tua pelle? «Ho dovuto combattere per entrare in lista alle europee del 2014. C'era bisogno di tutti per raccogliere più voti possibili. Io ne avevo trecentomila in Puglia e lui non voleva candidarmi. Solo per farmi dispetto». Alla fine, ti ha messo capolista della circoscrizione Sud. «Facendomi la guerra, a costo di danneggiare il partito. Non l'ho mai raccontato prima, sappi però che dette chiare indicazioni di non votarmi. Poi, vinsi risultando il più votato al sud e il secondo in Italia (dopo Simona Bonafè, Pd. Ndr)». Il tuo peggiore ricordo del Cav? «La fase finale. Quella di un uomo pieno di astio e sordo a posizioni diverse delle sue». Che rapporti avete oggi? «Nessuno. Lui spesso mi offende e punzecchia a distanza. Io, però, rifiuto di scendere sul terreno personale». Si è fatto vivo dopo le tue assoluzioni? «Zero. Nessun contrasto giustifica il silenzio dell'uomo che ha fatto del garantismo il proprio cavallo di battaglia. Si vede che lo era solo pro domo sua». Uscito da Fi in Italia, sei uscito anche dal Ppe in Europa. Doppia frattura col Cav. «Anche Berlusconi era spesso in contrasto col Ppe, luogo in cui, peraltro, è stata costruita la sua caduta». Sei entrato nel Conservatori e Riformisti, il gruppo vicino al premier inglese Cameron. «Il Ppe di oggi non è quello di quindici anni fa al qual aderivano anche gli inglesi. Ora è un partito germanocentrico, in cui vivono opposti come Orban e Merkel e che ha un asse con i socialisti per dirigere l'Ue». Perché ce l'hai tanto con Matteo Renzi di cui hai rinfacciato al Cav le passate simpatie? «Passate, un corno. In vetrina, Berlusconi mette il patto con Matteo Salvini. Nel retrobottega allestisce però l'accordo con Renzi». Non ti piace il toscanaccio? «Fa grossi errori. Li ha fatti sulle riforme, la Legge di Stabilità, sulle banche. Però quando Salvini dice “Renzi è un infame” o “sequestriamo i beni di Maria Elena Boschi”, la butta in caciara. La mia non è un'ostilità personale ma un dissenso politico». Salvini e Giorgia Meloni, che parlano più chiaro di te, sono più sulla cresta dell'onda. «Dicono che vogliono riformare il centrodestra, mettere la gente al centro, fare le primarie. Invece vanno a parlottare ad Arcore, accettando il criterio berlusconiano di chiudersi in una stanza e decidere per tutti». Uscito dal grembo del Cav con i tuoi Conservatori e Riformisti hai perso visibilità. «Era previsto. Ho un gruppo al Senato. Undici deputati alla Camera. Due deputati al Parlamento Ue. Ho avuto due incontri con Cameron e completato l'iter di ingresso nel gruppo dei Conservatori e Riformisti europei. È una fase di ricostruzione». Campa cavallo. «Non ci siamo dati il passo dei centometristi ma dei maratoneti. Il solo che porta lontano». Fare la guerra all'Isis? «Sì, partecipando a una missione internazionale. L'Italia non può nascondersi come fa con Renzi. Se oggi non ti impegni con gli altri, gli altri non lo faranno domani per te». Il tuo peggior difetto? «Sono testardo finché non capisco l'errore che, in un comune mortale, è sempre possibile. Con l'eccezione di Berlusconi, ovviamente». Quando capirai di non potere più essere utile, ti ritirerai o vorrai galleggiare a oltranza? «Me ne andrò un minuto prima. La politica è cambiata e non consente più lunghe stagioni». Si dice sempre così. «Ti stupirò. Già mi guardo attorno». intervista di Giancarlo Perna

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