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Grillo: sul palco con FoPoi tocca a Celentano

Il comico fa il pieno a Milano e imita Berlusconi: siamo il primo partito. Sul palco a sorpresa anche il premio Nobel simbolo dei compagni meneghini

Lucia Esposito
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  di Francesco Specchia La laocrazia? C'è un dettaglio che non torna, o torna troppo, nella tappa ecumenica dello Tsunami Tour, il megacomizio di Beppe Grillo a Milano.  Dando le spalle al sagrato del Duomo -un pratone gremito di teste sognanti e incazzose-, sulla sinistra del schermo gigante, tra grappoli di palloncini bianchi e iPad che registrano e mandano in streaming ogni respiro, movimento, ogni rap qualunquista («Apro gli occhi e non vedo futuro/ a parte che mandare tutti affanculo» cantano due ragazze) che s'accende sopra e attorno al palco, ecco stagliarsi uno striscione. Recita: « Evviva la laocratia!», appunto. Laocrazia è un termine politico coltissimo, vecchio e quasi arcaico; indica l'influenza del basso popolo nel governo. Ora, è luogo comune  che i grillini siano giovani tendenti a sinistra, internettizzati, molto pop. Eppure, chi ieri ha piazzato quello striscione dovrebbe essere di una tipologia elettorale opposta. Sarà perchè lo spettacolo è gratis, sarà il vento del logos; ma l'impressione è che il pubblico del Movimento Cinque Stelle stia cambiando.  E, mentre Grillo irrompe sul palco accompagnato da un countdown corale stile concerto rock; serve osservare le facce intorno. Non ci sono solo i soliti, lisi, studenti No Tav o gli anticasta, i trozkisti di ritorno. No. Sgomitano, qui, signore anziane, cinquantenni che han perso il lavoro, gruppi di avvocati in piumino lucido, bancari probabilmente del Monte dei Paschi che parlottano di derivati e vorrebbero lapidare Mussari e Bersani. Compare persino qualche faccia istituzionale che solo ieri sventolava il bandierone al comizio del Berlusca. Moderati o presunti tali che seguono Grillo. Un ossimoro. E quando il leader, corre sul palco, lo ara di continua da ogni lato e gridando attacca: «Arrendetevi, siete circondati! Vi prometto che vi tratteremo bene, come malati di mente, prima di mandarvi ai lavori socialmente utili!», be', tutti s'innalzano e il boato è di un sol uomo. La qual cosa spiazza.  Il resto è il solito show a gratis; e il comico genovese Grillo non fa che rimarcarlo. Dopo 70 comizi in «camper pieno di salami formaggi che uso barattare coi biglietti d'autostrada. A Prato mi ha abbracciato pefino un cinese e mi ha detto, non ce la faccio più...», i temi sono stranoti. E cioè: Equitalia che ti strangola (« Io ti porto i documenti e tu, Agenzia delle Entrate mi fai la denuncia dei redditi. Ti pago, ma non tu non mi rompi più i coglioni!»), con un tuono di risata liberatorio. E l'energia ecosostenibile . E il taglio degli stipendi e la restituzione retroattiva dei finanziamenti pubblici dai partiti. E il reddito di cittadinanza alla danese (giustissimissimo, ma dove prendere i soldi?). E l'inutilità della Tav e dell'Expo. Arriva un attacco ferocissimo, a Bersani/Gargamella per lo scandalo Mps («un buco, il doppio di Parmalat!») e richiesta di una commissione parlamentare per il Pd-Pds dal '95 ad oggi. Ricorda come fanno in Germania, in Svizzera, nei paesi scandinavi. Schianta Bersani, ma nicchia sull'annunciato shopping del segretario del Pd tra i grillini dopo il voto. Forse è tattica pure questa, o forse no. Grillo è un tritacarne che intramezza con battute micidiali. Su Berlusconi accusato di avergli rubato il programma dice: «Se qualcuno crede in Berlusconi, stasera deve andare a casa, aprire la lavatrice e parlare con Mastrolindo perchè esiste. Ridarà l'Imu, 4 milioni di posti di lavoro e ci metterà anche un set di pentole e un paio di lenzuola a corredo». Non c'è fact checking, non si riesce a controllare in diretta se le invettive sono fatti  o puttanate ben vestite. Ma non importa. Perchè, stranamente, la gente non sbraita ma ascolta con sguardo innaturale; non s'innalzano urla da stadio (salvo un «Tutti a casa!» cinematografico). L'attenzione è surreale. D'un tratto, un venditore di rose pakistano se ne fotte dei fiori e s'arrampica su un lampione per osservare quel comico tutto accaldato che quando parla sembra sempre che, da un momento all'altro, gli tiri un coccolone.  Alle ore 19.11, Grillo respira. E annuncia: «Mi è venuto a trovare il più grande amico della mia vita». Ecco Dario Fo, che con Beppe ha scritto un libro dove si sbaglia la data del discorso di Pericle agli ateniesi, lo zenith della democrazia. Ma non importa neanche questo. Fo ricorda il clima gioioso dei quella stessa piazza alla fine della guerra, ne evoca le piante di speranza distrutte dal cemento e dalla corruzione e chiede: «Non mollate, per favore». Evabbè. Grillo rimarca la sua visione « a tre generazioni non a due legislature»: ché la «Siamo nati tre anni fa senza soldi, con i giornali e le televisioni contro e adesso siamo la terza, no la seconda, no la prima forza politica del Paese». La prima forza. Le stesse parole di Silvio ieri, solo più virulente. Viene citato l'esempio -quello sì- virtuoso dei grillini siciliani che da mesi versano quasi 20mila euro di stipendio in un fondo per le microimprese. Applausi e risa contro la stampa e le «tv di regime»,  Rai, TgCom24 reo di riprenderlo solo ingobbito e dal basso: «Sta finendo un'epoca, loro si coalizzano e zampettano in tv. Ma se ne devono andare tutti a casa». Solo applausi per gli ospiti: la Bbc, la tv greca e quella danese con un'operatrice bionda. The show must go on. E a naso, direi che continuerà a lungo...  

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