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Berlusconi, il Pd: "Pronti a votare sì all'arresto"

Giulio Bucchi
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  A sinista la tentazione manettara è dura a morire, forse anche per ragioni di inciucio. Nel mirino c'è sempre lui, Silvio Berlusconi. Se dovesse arrivare al Senato una eventuale richiesta di autorizzazione all'arresto nei suoi confronti a proposito delle inchieste sulla compravendita di parlamentari, "come tutte le altre richieste la valuteremo guardando al merito della richiesta, prima in Giunta e poi in Aula". Così ha commentato all'agenzia Adnkronos Nicola Latorre, senatore del Pd, definendo quindi "assolutamente ovvia" la presa di posizione del collega Maurizio Migliavacca, che si è detto pronto a votare sì all'arresto se la richiesta fosse fondata. Una posizione, quella del Partito democratico, che si scontra con la tendenza che si sta facendo strada nei vertici del partito, più sensibili ai richiami del presidente Giorgio Napolitano, di "abbassare i toni" sulla giustizia. C'è in ballo, questa la tesi del Quirinale, la "ragion di stato" e la stabilità dell'Italia in un momento delicatissimo e forzare la mano, per via processuale, non garantendo la partecipazione del leader Pdl al gioco democratico potrebbe far saltare il sistema. L'idea del Colle, per assicurare quella stabilità, è un governissimo, magari un esecutivo "istituzionale", con Pd, Pdl e Monti. Dall'altra parte, però, c'è il tentativo estremo del segretario dem Pierluigi Bersani di sedurre il Movimento 5 Stelle e ottenere la fiducia per il suo eventuale governo. E mentre il capogruppo al Senato Vito Crimi ha ribadito che i 5 Stelle voteranno sì all'incandidabilità per Berlusconi, l'intesa perlomeno sulle misure anti-Cav sembra più vicina. Anche questo sarebbe un mattone nella strada che porta Bersani a Palazzo Chigi.    

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