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Retroscena su Napolitano: "Io di pasticci non ne faccio"

Nella mossa del presidente ha pesato il precedente olandese dove l'esecutivo è nato dopo 44 giorni di stallo

Nicoletta Orlandi Posti
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  di Tommaso Montesano Ci ha pensato una notte, Giorgio Napolitano. E poi ha deciso che l'ipotesi delle dimissioni, pur valutata nella prospettiva di agevolare lo sbocco delle elezioni anticipate, andava riposta nel cassetto. Niente governo del presidente, però. Per provare a uscire dal guado, dal cilindro del capo dello Stato escono i “saggi” incaricati di «formulare precise proposte programmatiche» sulle quali Napolitano, o più probabilmente il suo successore, spera ancora di creare le «condizioni più favorevoli» per un accordo tra le forze politiche tale da sfociare in un governo di larghe intese. Lui, dal canto suo, ci proverà «fino all'ultimo giorno» del suo mandato, che scadrà  il 15 maggio. Perché la prospettiva delle elezioni anticipate non gli «interessa» e non lo riguarda: «Sono presidente della Repubblica in pieno semestre bianco, non mi occupo di problemi che non posso risolvere oggi nelle mie funzioni». Niente dimissioni, dunque. Napolitano, che pure dopo due giri di consultazioni e il fallimento del tentativo di Pier Luigi Bersani vede «assai limitate» le proprie possibilità in tema di formazione del governo, resta al suo posto. Ma non, contrariamente a quanto trapelato venerdì sera dopo il giro supplementare di colloqui al Quirinale, per varare un governo del presidente affidato ad una personalità istituzionale. Troppo rischioso, visti i veti incrociati, mandare allo sbaraglio in Parlamento un esecutivo senza numeri certi. La stessa obiezione opposta a Bersani. «Io governicchi non ne faccio», ha spiegato nelle ultime ore Napolitano ai suoi interlocutori. Anche perché, ha aggiunto, «un governo del presidente senza presidente come si fa?». Un riferimento al fatto che il Parlamento dal 15 aprile inizierà l'iter per eleggere il nuovo capo dello Stato. Ecco, così, l'ultima carta: mettere intorno a un tavolo, a partire da dopodomani – un gruppo di «personalità tra loro diverse per collocazione e per competenze» incaricate di individuare – sul terreno «istituzionale» e su quello «economico-sociale ed europeo» – precise «proposte programmatiche» tali da diventare propedeutiche per un esecutivo dal sostegno il più possibile condiviso. Condivisione che Napolitano chiede anche per la scelta del suo successore, che vorrebbe frutto di un'«ampia intesa tra le forze politiche».   Al Colle l'exit strategy è stata discussa per la prima volta in modo approfondito venerdì pomeriggio, quando nello studio alla Vetrata sono entrati i rappresentanti di Scelta civica. A suggerire a Napolitano la via d'uscita è stato Mario Mauro, capogruppo montiano a Palazzo Madama non a caso nominato nel gruppo che si occuperà del versante istituzionale. «Ci siamo limitati a spiegare come in altre circostanze altrettanto complesse la  strada preferibile sia stata quella di cercare elementi comuni dai   programmi dei vari partiti», ha confermato l'ex capogruppo del Pdl al Parlamento europeo. E Napolitano ha accolto il suggerimento. Con buona pace di Susanna Camusso, segretario generale Cgil, su tutte le furie per l'assenza di personalità femminili: «Sarà... Ho pensato viva le donne!».   Nella mossa del presidente ha pesato il precedente olandese, dove l'esecutivo è nato dopo ben 44  giorni di stallo solo dopo fittissimi confronti sui programmi tra gli esperti delle principali forze politiche. Un tempo che se replicato in Italia, o addirittura più lungo dato che non sono state fissate scadenze, potrebbe impedire a Napolitano di raccogliere i frutti della mediazione, visto che al Colle potrebbe già esserci il suo successore. Poco male: le relazioni dei due gruppi potranno «costituire comunque materiale utile». Come base di programma per il governo che verrà, ma «anche per i compiti che spetteranno al nuovo presidente della Repubblica nella pienezza dei suoi poteri».  Nell'attesa che veda la luce il nuovo governo in tempi che Napolitano auspica che «non si prolunghino insostenibilmente», torna centrale quello in carica presieduto da Mario Monti. Che, ricorda il capo dello Stato, «benché dimissionario», non è mai stato sfiduciato dal Parlamento tant'è che si appresta ad «adottare provvedimenti urgenti per l'economia». Nella palude attuale, chiosa il presidente lanciando un segnale a mercati e istituzioni europee, è «un elemento di concreta certezza».   

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