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Tonino di Pietro nell'uovo di Pasqua: "Pronto ad andare col Pdl". Ma...

Facci visto da Vasinca

Pesce d'aprile. Il fatto che qualcuno ci abbia creduto spiega che la crisi che stiamo vivendo non è soltanto economica

Andrea Tempestini
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  di Filippo Facci La decisione di Antonio Di Pietro di aderire ad Pdl - ma soprattutto la decisione del Pdl di accoglierlo senza colpo ferire - probabilmente non verrà mai «ufficializzata», anzi, verrà dapprima dissimulata e poi fatta passare in cavalleria sinuosamente, piano piano, una smentita dopo l'altra. Si è mormorato addirittura di un presunto incontro ad Arcore - ne ha fatto cenno, in via dubitativa, solo Dagospia - ma il punto non è se la strategia che vi sta dietro possa avere un senso: intercettare e riportare a casa, cioè, le frange più forcaiole che dal centrodestra erano scappate verso Grillo, nonché uno zoccolo durissimo di elettori dipietristi (2,5 per cento) che alle prossime elezioni potrebbero fare la differenza e disinnescare le rinnovate velleità ingroiane. Il punto non è neppure quanto il Pdl possa fidarsi di un personaggio del genere: un uomo che del doppiogioco ha fatto una regola di vita e che ha passato gli ultimi vent'anni a cercar di fottere Berlusconi. Il punto è quanti possano resistere, quanti, cioè, possano andarsene dal Pdl realmente disgustati. Sono tempi cinici e al mercato delle vacche siamo abituati, ma Di Pietro nel Pdl significherebbe andare oltre. E il fatto che anche solo per un attimo possiate averci creduto, a questo tardivo pesciolino d'aprile, spiega che la crisi che stiamo vivendo non è solo economica.   

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