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Bersani ufficialmente scaricato:Renzi pronto a prendersi il Pd

Matteo Renzi

Andrea Tempestini
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  di Enrico Paoli In fondo il silenzio tattico, talmente tattico da pesare più di mille parole, di Matteo Renzi fa parte del copione. Come un moderno messia il sindaco di Firenze non deve far altro che stare sotto l'ulivo e ribadire ai suoi «lasciate che i delusi  vengano a me».  Cosa che stanno già facendo, ingrossando le fila dei renziani.    Ma se a tacere è Pier Luigi Bersani, segretario del partito ed ex presidente pre-incaricato senza più incarico, non si tratta più di tattica, ma di crisi vera. Di quelle irreversibili. Per due ragioni sostanziali. Da una parte c'è la piena sconfessione della sua linea rispetto alla formazione del governo, che potrà fare solo «nella prossima vita», come afferma il fratello Mauro, ospite del programma di Radio Rai Due Un giorno da pecora. Dall'altra c'è il rischio, serio come non mai, di ritrovarsi con la maggioranza del partito che gli presenta il conto, nonostante la difesa d'ufficio di Alessandra Moretti: «Noi insistiamo per Bersani». Dopo due direzioni nazionali sostanzialmente addomesticate, già nel corso di questa settimana, potrebbe arrivare quella vera. Quella della resa dei conti, alla quale potrebbe partecipare anche il sindaco di Firenze, rinfrancato dalla “comparsata” fatta ad Amici, il programma  di Canale 5 condotto da Maria De Filippi. Nessuno lo dice apertamente, ma i segnali che arrivano dal capoluogo toscano lasciano intuire che il treno di Matteo, questa volta con un biglietto di sola andata, è in partenza.  Nel frattempo quel che resta del partito prova a ragionare sul lavoro dei saggi e sulle scelte del capo  dello Stato. A dettare la linea, che non è una vera linea politica, ma una sorta di sughero per restare a galla, sono il presidente dei senatori del Pd, Luigi Zanda, e il deputato Dario Franceschini. «Serve, in tempi brevissimi, un nuovo governo  con la più ampia maggioranza possibile», dice il senatore, premettendo che sosterrà l'azione del Quirinale. L'ex capogruppo del Pd, invece, sottolinea come «l'iniziativa dei saggi sia tutta di Napolitan, tanto che il Pd «non ne sapeva niente». «Certe decisioni», sottolinea l'ex braccio destro di Veltroni, «vanno trovate in Parlamento, non nel lavoro dei saggi». Insomma, c'è chi dice sì e c'è chi dice no. Ma c'è anche chi dice nì. «Il tentativo politico messo in campo dal presidente della Repubblica deve essere appoggiato con forza e convinzione dal Pd», sostiene Giorgio Merlo, dirigente del partito, «dove, al contempo, si spera che la corrente interna che sostiene la necessità e la indispensabilità di un rapporto preferenziale, se non esclusivo, con Grillo e Casaleggio vada progressivamente in minoranza. Per il bene del paese e dello stesso Pd». E tanto, per completare il quadro, il renziano Paolo Gentiloni rimarca che «occorre difendere il lavoro del Colle senza se e senza ma».  Il problema, vero questa volta, è che rischia di aver ragione  uno dei saggi indicati da Napolitano in quota Pd, il prodiano Filippo Bubbico. «La vera emergenza è quella sociale. Bisogna intervenire subito a partire dal fisco». Un'emergenza che sembra portare in dote al Paese un'alleanza, per niente inedita, fra Pd e montiani. Il partito di Bersani, infatti, sarebbe pronto ad avallare le scelte del governo dimissionario, in modo da allungargli la la vita. Sempre meglio dei saggi, sembrano pensare i bersaniani, ormai all'ultima spiaggia.  

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