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Prodi, un uomo disperato:pur di salire al Quirinaleora corteggia Berlusconi

Andrea Tempestini
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  di Fausto Carioti Piuttosto che mandare lui al Quirinale, Silvio Berlusconi è pronto a firmare per farsi sette anni di Massimo D'Alema o di Luciano Violante. Senza pensarci due volte. Nella classifica di gradimento del Cavaliere in vista della partita per il Colle, Romano Prodi si gioca l'ultimo posto con Ilda Boccassini. Con la differenza che il procuratore aggiunto di Milano ha zero chance di farcela (il suo nome è uscito solo perché a quelli del Pd ne serviva uno da agitare come spauracchio). Il fondatore dell'Ulivo no, lui è un candidato da prendere sul serio, sia per il consenso che riscuote tra i parlamentari di sinistra (soprattutto estrema, e cioè più dentro Sel che nel Pd), sia perché mosso da un'ansia vendicativa che il sorriso da droghiere non riesce a nascondere e sulla quale a palazzo Grazioli nessuno si fa dubbi. Ma tutto questo Prodi non lo sa, così prova lo stesso a fare gli occhi dolci al Cavaliere. O forse lo sa benissimo, ma siccome ha capito che le chance di arrivare al Quirinale con l'etichetta di uomo di parte sono crollate in pochi giorni, si gioca l'ultima carta. Fatto sta che Prodi, ieri, il segnale a Berlusconi l'ha mandato. Non potendo agire sull'asse Letta-Letta, che risponde a logiche che non sono le sue, e non potendo contare sugli ambasciatori del Pd (i quali semmai trattano col Cavaliere per piazzare uno dei loro), il fondatore dell'Ulivo ha usato La Stampa per spedire questo messaggio al rivale: «Chi, meglio di un personaggio con senso delle istituzioni come Prodi, potrebbe garantire Berlusconi che ogni potere stia al suo posto?». Il quotidiano torinese assicura che il discorso è già stato fatto agli uomini di Berlusconi, «alcuni dei quali hanno cominciato a riflettere». In realtà, quelli contattati da Libero sembrano avere tutti le idee molto chiare: da chi espone un «no» argomentato («Meglio addirittura Rodotà, che almeno non ha motivi di risentimento personale verso Berlusconi») a chi la bolla come «una solenne cazz...».  Berlusconi non esclude affatto un accordo su un esponente di centrosinistra – sa che nell'ipotesi più realistica è così che finirà – ma i nomi su cui pensa di trattare sono altri: Franco Marini e Giuliano Amato innanzitutto, senza porre veti su Massimo D'Alema e Luciano Violante. Il fondatore dell'Ulivo è un'altra cosa, con lui nessuna intesa è possibile.  Prodi, invece, non pare avere alternative. Il suo piano iniziale era l'esatto contrario di questo. Contava sulla presenza di una maggioranza di sinistra che avrebbe dato vita a un governo simile all'esecutivo dell'Unione che lui stesso guidò. Sarebbe stato una sorta di «padre spirituale» della coalizione, come dire il candidato naturale per il Colle. Aveva anche discusso con Gianroberto Casaleggio la possibilità di essere votato pure dai grillini, in quanto personaggio non di partito.  Ma il governo non si è fatto. E i Cinque Stelle, di fare accordi, al momento non hanno alcuna intenzione. La leadership di Bersani ne esce a pezzi. Renzi vuole condurre il partito a un'intesa con Berlusconi e saltano fuori 120 parlamentari del Pd pronti a firmare un documento contro la candidatura di ogni «candidato divisivo». È la fine del sogno. A meno che Prodi non riesca a compiere la capriola definitiva: riciclarsi da candidato «divisivo» a candidato «condiviso». Del resto, deve aver pensato, se D'Alema ha qualche possibilità di esserlo, perché io no? Così sfodera dinanzi a Berlusconi l'unica carta che può giocarsi: quella di essere uomo delle istituzioni, ligio alla separazione tra poteri e quindi preoccupato di impedire sconfinamenti della magistratura.  Ma credergli è difficile: Prodi non ha mai fatto la voce dura con le toghe, figuriamoci se comincia adesso. E sulle sue intenzioni, nel Pdl nessuno si illude. Tantomeno ora che i pm napoletani sostengono di avere le prove che il suo governo fu fatto cadere da Berlusconi comprando il voto del senatore Sergio De Gregorio. «Vi erano delle voci continue su queste pratiche illecite di tentativi di traghettamento di senatori da una parte all'altra, e adesso che ho letto sui giornali quanto accaduto tra Berlusconi e De Gregorio sono veramente sconvolto», ha detto Prodi un mese fa a chi, in procura, lo interrogava come persona informata dei fatti. Come è possibile eleggere garante chi si ritiene vittima di un simile trattamento, anche se si presenta sventolando un ramoscello di ulivo? Così nel Pdl si sono ricordati la battuta di qualche anno fa: «Prodi gronda buonismo da tutti gli artigli».  

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