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Grillini in rivolta: dopo la diaria si attaccano alla pensione

Beppe Grillo

Eliana Giusto
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di Brunella Bolloli  I parlamentari grillini pensano al loro futuro: ok restituire i rimborsi elettorali e tagliare le spese superflue però anche noi abbiamo diritto alla pensione. E invece, «con il nostro lavoro stiamo pagando quella di ex deputati e senatori. Scandaloso». Il tema ha tenuto banco nell'assemblea congiunta di lunedì a Montecitorio. Nell'elenco dei dodici punti all'ordine del giorno, tra indennità, diaria e assicurazione sanitaria, il capitolo pensionistico è stato uno dei più dibattuti, specie dai grillini under 40 (la maggior parte dei deputati). Perché tra giustizia, riforma elettorale e Imu, c'è il rischio concreto che la legislatura non duri cinque anni. Con la terribile conseguenza, per i neoeletti, di non raggiungere il requisito minimo per intascarsi l'assegno di fine mandato. Per la diaria, in fondo, ci ha pensato Beppe: sarà restituita e basta, chi non lo fa è fuori dal movimento. I suoi hanno obbedito e perfino i dissidenti hanno abbassato la “cresta”. Ma sulle pensioni è un'altra storia. C'è chi ha mollato un'attività sicura per sposare la causa del Movimento, chi si è messo in aspettativa e chi, invece, era precario e spera di godersi il gruzzolo più in là.    La legge Fornero ha stabilito nuovi paletti per i neofiti del Parlamento. Dal 2012 si è passati dal sistema previdenziale retributivo a quello contributivo puro, analogo a quello usato per i dipendenti pubblici. A Montecitorio i parlamentari sono sottoposti al versamento di un contributo pari all'8,80 per cento dell'indennità parlamentare lorda. Il sistema “misto”, pro-rata (un mix tra le regole per i nuovi eletti e la vecchia legge) riguarda gli eletti nelle passate legislature, eventualmente rieletti. Ma per un gruppo alla prima esperienza, com'è appunto quello dei Cinquestelle, il problema dei soldi per la vecchiaia si pone, soprattutto perché la pattuglia dei cittadini M5S è composta in larga parte da gente che prima di essere in Parlamento aveva un'occupazione precaria e, insomma, il succo è che pochi hanno davvero un reddito alle spalle. Dunque hanno protestato: «Ma perché noi dobbiamo pagare la pensione ai “matusa”?». Ha provato a dare dare qualche risposta, in assemblea, il deputato M5S Girolamo Pisano, membro della Commissione Bilancio, non troppo ottimista sulla durata del governo. «Sappiamo tutti che raramente le legislature nella storia della Repubblica Italiana si sono completate», ha esordito. «Sicuramente i fondi che noi stiamo pagando alla Camera saranno fondi persi», ha avvertito. Per cui, chi aveva già un reddito, per via della cessazione di contribuzione nei relativi enti previdenziali rischia di avere un buco. Noi ci stiamo preoccupando di pagare questo buco con una contribuzione volontaria». «Nei dettagli», ha continuato Pisano, «è semplice, la contribuzione volontaria è un istituto previsto dagli enti previdenziali non è nient'altro che la richiesta di coprire questo buco volontariamente. L'ente previdenziale manda l'estratto conto e bisogna pagare. Ovviamente questo va rendicontato e va passato tramite i rimborsi». Per chi non ha un lavoro e prima di essere eletto era precario, il percorso è più complicato. «Di sicuro», polemizzano i grillini, «i nostri contributi sono soldi che vanno allo Stato. Vanno a coprire delle situazioni previdenziali personali ma non sono soldi che rimangono nelle nostre tasche». Tocca trovare una soluzione. «E anche sulle casse professionali stiamo cercando di trovare una quadra». Ad aiutarli alla Camera è arrivato un «motivatore aziendale», chiamato apposta per contenere la fronda, e a breve i parlamentari stellati presenteranno una proposta di legge sul modello di quella avanzata dal Pd Ivan Scalfarotto. Poi, nel weekend, tour elettorale per convincere gli scontenti a votare M5S. «Informiamo sull'attività in Parlamento», spiegano Roberto Fico e Daniele Del Grosso, rispettivamente eletti alla Camera nelle circoscrizioni di Campania e Abruzzo.  L'ex comico, intanto, continua a riempire le piazze. Bordate al «nano del Pdl» e requiem per il Pd. «Perché in autunno resteremo solo noi e Berlusconi. Vogliono farci fuori, ma noi vinceremo», ha urlato dal palco di Treviso. L'idea è lanciare l'opa sulla sinistra radicale: sabato appuntamento in piazza con la Fiom. Guai, però, a chiedere lumi sulla gestione del Movimento perché si rischia una denuncia come è accaduto a Mario Bocchio, dirigente piemontese del Pdl che ha osato fare un esposto alla magistratura sul M5S. «Grillo mi ha querelato perché ho avanzato dubbi sulla questione dei rimborsi. Proprio lui che invoca la trasparenza».    

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