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Il Pd vuole affossare il governo: "Non voteremo Daniela Santanché alla vicepresidenza della Camera"

Daniela Santanchè

Sebastiano Solano
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Il governo rischia di cadere sull'elezione al vice presidente della Camera di Daniela Santanché. Il Pd, infatti, ha appena annunciato che voterà compatto scheda bianca. Una mossa tattica, forse, per cercare di ricompattare le truppe di Largo del Nazareno, divisi come ai bei tempi dell'elezione del presidente della Repubblica.  Pd diviso - Pippo Civati è il più agguerrito: "La Santanche' si presenta oggi come candidata del Pd e del Pdl alla vicepresidenza della Camera. Fa piacere apprenderlo dai giornali, dopo l'ampia e approfondita discussione, che non c'e' stata" è stata la stilettata al vetriolo ai vertici del partito. Civati non è però il solo. Matteo Orfini, capocorrente dei cosiddetti 'Giovani turchi', ospite ad Agorà ha gettato benzian sul fuoco: "Non penso di votare Daniela Santanchè alla vice presidenza della Camera.  Penso che candidare Daniela Santanchè alla vicepresidenza della Camera, sia cercare un incidente", è stata la dura presa di posizione.  I numeri - Ma diamo un'occhiata ai numeri: tolti i 293 depuatti del Pd, il Pdl che ne ha 97 da solo non ce la farebbe. Assodato che Sel e M5s non voteranno mai la Santanché, servirebbe il soccorso di una ventina di deputati della Lega e di Scelta civica.  Ma potrebbero non bastare. Nemmeno il Pdl, infatti, è compatto sul nome  della Santanché: l'eterna divisione tra falchi e colombe potrebbe detonare definitivamente, tanto più che ora sta per nascerere Forza Italia, proprio sul voto alla pasionaria del Pdl .Le posizioni in campo sono note: da un lato i falchi, di cui la Santanché insieme a Renato Brunetta è la maggior rappresentante, che non perdono occasione di pungolare il governo; dall'altra le colombe, ossia i filogovernativi, con in testa Angelino Alfano e i ministri del governo Letta.  Doppia resa dei conti - Un'eventuale spaccatura su questo voto potrebbe portare a scenari destabilizzanti per il governo Letta, certo, ma anche per il Pdl. Il Pd, dal canto suo, rimane fermo sulle porprie posizioni: è la prassi, dicono, è il gruppo proponente che sid eve votare il proprio candidato, si è sempre fatto così, è il ragionamento. Al Pdl rimangono ora due opzioni: cambiare cavallo, candidando magari Antonio Leone; o giocarsi il tutto per tutto sul nome della Santanché, con il rischio concreto di arrivare ad una doppia resa dei conti: all'interno del Pdl, tra falchi e colombe, e di conseguenza sul governo Letta, che già di per se vive in uno stato di precarietà permanente.

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