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Epifani: "Se andiamo avanti così la corda si spezza"

Guglielmo Epifani

I democratici votano con il Pdl lo stop ai lavori dell'aula, poi scoppia la guerra interna: una ventina i dissidenti, torna lo spettro della scissione

Ignazio Stagno
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Nel Pd tira la stessa aria di tre mesi fa. A quel tempo c'erano 101 traditori che impallinavano Romano Prodi nella corsa al Colle, oggi sono venti ma rischiano di far saltare tutto. Al Nazareno è bagarre. Dopo il voto a favore della richiesta del Pdl di sospendere i lavori parlamentari, il Pd conta morti e feriti. Anche i democratici "scioperano" contro le toghe, ma si spaccano, si dilaniano.  Paradossi da leader - Il segretario democratico Guglielmo Epifani ha votato a favore dello stop dei lavori parlamentari, ma appena ha annusato il maldipancia nel partito, su Facebook, si è cimentato in una timida marcia indietro: "La richiesta di sospendere i lavori del Parlamento per tre giorni, a seguito delle decisioni della Corte di Cassazione, costituisce un atto irresponsabile e inaccettabile, che unisce ambiti che vanno rigorosamente tenuti distinti, quello giudiziario e quello parlamentare. Il Pd non si è prestato né si presterà mai ad una logica di questo segno. La vicenda giudiziaria di Berlusconi e le attività di Governo e Parlamento sono sfere che vanno tenute distinte l'una dall'altra, perché altrimenti, a furia di tirare, la corda si può spezzare con scelte irresponsabili verso la condizione del paese e la sua crisi drammatica". Di giorno Epifani vota col Pdl e poi di notte fa il duro per tenere unito il partito. Intanto in aula si è già consumata la spaccatura. "Prendiamo gli schiaffi per colpa vostra", racconta un democratico a Fabrizio Cicchitto nei corridoi di Montecitorio.  La spaccatura inevitabile - Rosy Bindi è uscita dall'aula al momento del voto, Civati si è astenuto, mentre i renziani a loro volta si sono spaccati. Il deputato Faraone è andato su tutte le furie quando si è reso conto di non poter votare contro la mozione del Pdl. Così alla fine si è astenuto. Dopo il voto è iniziata la consueta guerra. "La nota di Epifani? Tardiva. Arriva dopo il voto. Se ne poteva parlare prima", commentano dall'area vicina al sindaco di Firenze. Poi il renziano Dario Nardella: "Non ero in aula al momento del voto, certo tutto ciò è inaccettabile, non sono d'accordo con la scelta di accogliere la richiesta del Pdl". Ma a far scattare la rabbia è anche la mancata convocazione del gruppo prima del voto. Orfini difende il Pdl -  In pratica i deputati Pd si sono ritrovati davanti al fatto compiuto con un diktat dall'alto che li incoraggiava a votare lo stop ai lavori invocato dal Pdl. Va giù duro il democratico Matteo Orfini, che invece difende la linea delle larghe intese "sempre e comunque": “Se volevano la riunione del gruppo, potevano chiederla stamattina. In un partito si fa così. Lo sapevano cosa stava succedendo. Invece non lo hanno fatto, perché nel gruppo si sarebbe discusso e sarebbe stata presa una decisione a maggioranza. Il che gli avrebbe impedito di lucrare in aula come poi invece hanno fatto per guadagnare uno 0,1 per cento al congresso…questo è da sciacalli: squallido opportunismo”. Quanto al merito, “può succedere che un gruppo chieda di sospendere i lavori per avere il tempo di riunirsi su una vicenda politicamente rilevante per loro. Non è un dramma, solo per mezza giornata…”. Insomma anche un voto in Parlamento è diventata l'occasione per un regolamento di conti nel partito. Il Pd è allo sbando e per celare la guerra intestina attacca i Cinque Stelle, che a loro volta accusano i democratici di essersi venduti al Pdl: "Sti stronzi, non accetto che mi attacchino sti stronzi", afferma la democratica Rosa Calipari. Dalle sue parole e dal tono è evidente come il caos ormai regni sovrano in largo del Nazareno. Non è una novità. (I.S.)

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