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"Ecco cosa chiedermo a Napolitano"Brunetta spiega il piano a "Libero"

Renato Brunetta

Il capogruppo Pdl ci anticipa il discorso che faranno lui e Schifani al Capo dello Stato: "Il Cav ha provato a pacificare il Paese, le toghe lo hanno fermato"

Eliana Giusto
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Nella tarda mattinata di oggi,  lunedì 5 agosto, Renato Schifani e Renato Brunetta saranno ricevuti al Quirinale. Si parlerà della sentenza della Cassazione che ha condannato Silvio Berlusconi e della possibilità che gli venga concessa la grazia (anche se su questo punto  Giorgio Napolitano sembra irremovibile). Sul tavolo c'è soprattutto il tema della riforma della giustizia e un modo per dare "agibilità politica" all'ex premier. Pubblichiamo l'intervista a Brunetta del vicedirettore  Fausto Carioti in cui il capogruppo Pdl anticipa quello che tra poche ore chiederà a Napolitano.    «Anche per me, figlio di un venditore ambulante di Venezia, questo è un momento straordinario e tragico». Per non tradire l'emozione Renato Brunetta, capogruppo dei deputati del Pdl, si sforza di parlare con voce ferma. Oggi sarete in via del Plebiscito per manifestare la vostra vicinanza a Silvio Berlusconi. Lei e il capogruppo dei senatori, Renato Schifani, molto presto andrete dal Capo dello Stato. Cosa gli direte? «Il nostro discorso parte da eventi avvenuti qualche decennio fa». Dal 1994, presumo. «Per capire la storia di Berlusconi dobbiamo leggerla attraverso la lente di una parola: “pacificazione”. Quando Berlusconi scese in campo, la gioiosa macchina da guerra di Occhetto era pronta a conquistare il Paese. La magistratura aveva distrutto i cinque partiti che avevano governato l'Italia dal dopoguerra. Si erano salvati solo il Pci e la sinistra Dc. Silvio Berlusconi in pochi mesi mise in piedi un partito e vinse le elezioni». È risaputo, professore. Cosa c'è di nuovo? «Solo adesso riusciamo a capire davvero cosa avvenne allora. Fu in quel momento che iniziarono i guai giudiziari di Berlusconi. È come se lui avesse rotto il progetto di certi poteri che si apprestavano a occupare il Paese attraverso il forse ignaro Occhetto. Ricordiamo tutti l'avviso di garanzia nel novembre del '94, durante la conferenza Onu sulla criminalità a Napoli, che di fatto fece cadere il primo governo Berlusconi e calpestò la libera scelta del popolo sovrano. Quell'inchiesta finì nel nulla pochi anni dopo. Il verdetto della Cassazione dell'altro giorno è il culmine della vicenda iniziata allora». Dove vuole arrivare? «Tutti gli osservatori estranei al partito dei forcaioli capiscono che non era possibile che a Berlusconi, nei suoi trent'anni precedenti di attività imprenditoriale, non fosse accaduto nulla, e che tutto gli sia accaduto nei successivi venti. Se il riconoscimento di questo accanimento è pressoché totale, ed è spiegato con la sua discesa in campo, è evidente che anche l'ultima vicenda giudiziaria di Berlusconi non può essere ricondotta a un fatto privato. Siamo di fronte a un attentato politico». La giustizia deve essere uguale per tutti tranne che per lui? «Chi ragiona così è un ipocrita. La giustizia non è stata uguale per tutti in questi anni. Non lo è stata per gli Agnelli e i De Benedetti. Berlusconi è stato oggetto di accanimento giudiziario contro il suo ruolo, contro quello che ha fatto e rappresentato. Ricorda le elezioni del 2008?». Vinte con quasi nove punti di vantaggio sul povero Walter Veltroni. «Berlusconi il 25 aprile del 2009 a Onna fa il suo primo grande discorso esplicito sulla pacificazione. Lui e il suo governo raggiungono il massimo del consenso, mai toccato da un altro esecutivo. Guarda caso, nei giorni seguenti scatta una spaventosa reazione. Scoppia il “caso Noemi”, una campagna di stampa da parte del giornale-partito Repubblica basata sul nulla. Ancora una volta, viene colpito Berlusconi come uomo di pacificazione». È questa la vostra chiave di lettura degli ultimi venti anni? La rivolta dello status quo contro il Berlusconi pacificatore? «Se la nostra analisi è vera riusciamo a dare un senso anche all'altrimenti incomprensibile rottura di Gianfranco Fini nell'aprile del 2010. Gesto che porta l'Italia con una maggioranza debole dentro la crisi economica e lo scoppio dello spread nell'estate del 2011. Fino alle dimissioni di Berlusconi: un esito orchestrato a livello nazionale e internazionale». Berlusconi poteva chiedere le elezioni. «Ma decide in maniera responsabile di appoggiare il governo Monti. Nel frattempo era scoppiato il caso Ruby. Era iniziato il processo Mediaset: tre gradi di giudizio conclusi in meno di dodici mesi, una cosa mai vista. Alle elezioni doveva vincere la gioiosa macchina da guerra, stavolta di Bersani. Invece Berlusconi rompe ancora una volta le uova nel paniere e quasi vince lui. Grazie a lui, si fanno le larghe intese». Nasce il governo della pacificazione. «E ancora una volta scatta furibonda la reazione. L'accanimento culmina nella sentenza della Cassazione. Questa, in sintesi è la vicenda politica di Berlusconi. Una storia per certi versi tragica, ma dotata anche di straordinaria forza e bellezza». Siamo arrivati agli eventi delle ultime ore. Chi è il garante della pacificazione? «Giorgio Napolitano. Il quale in questo momento ha davanti a sé il compito più arduo di tutta la sua storia politica».  Momento drammatico anche per lui. «Assolutamente. Come un deus ex machina della tragedia greca, solo lui può risolvere situazioni apparentemente senza via di uscita». Cosa gli chiederete lei e Schifani? «Gli racconteremo la nostra storia, quella che le ho appena fatto. Senza di essa, non solo non si può capire quello che è successo, ma non si può nemmeno scegliere la giusta strategia per il futuro. In ballo non c'è solo la libertà di una persona». Cos'altro c'è? «La democrazia nel nostro Paese. L'equilibrio tra la magistratura e gli altri poteri. Un equilibrio che si è rotto non oggi, ma all'inizio di Tangentopoli, quando venne meno quell'immunità parlamentare voluta dai nostri costituenti come garanzia dell'equilibrio tra i poteri dello Stato».  Salirete sul Colle avendo in tasca le dimissioni dei parlamentari del Pdl? «Ci saliremo avendo la fiducia dei duecento parlamentari del Popolo della libertà. I quali ci hanno dato mandato pieno per rappresentare a Napolitano quella che è anche la loro storia». Deduco che il «mandato pieno» contempla l'eventualità estrema delle dimissioni. Anche per questo, a sinistra vi accusano di porre diktat al Capo dello Stato. «Non poniamo diktat a nessuno. Dopo il verdetto della Cassazione, durante una straordinaria riunione dei nostri gruppi, ci siamo semplicemente riconosciuti con orgoglio nella storia di Berlusconi, nella sua volontà di pacificazione». Cosa vi attendete da Napolitano? «Una risposta alta. Ci attendiamo che ribadisca quello che ha già detto: riforma della giustizia subito. Come grande atto finale di pacificazione nel nostro Paese. Solo lui può farla fare adesso, senza aspettare i referendum radicali». La riforma della giustizia la fa il Parlamento.  «Lo stesso Parlamento che ha rieletto a stragrande maggioranza Napolitano». Non gli chiederete la grazia per Berlusconi?  «Come ha detto Napolitano, la grazia la chiedono l'interessato o i parenti dell'interessato, o può essere data motu proprio dal presidente della Repubblica». Vi aspettate che Napolitano dia la grazia a Berlusconi? «La grazia è un fatto politico, che deve essere valutata all'interno di un ragionamento storico e politico. Come quello che ho appena cercato di fare». di Fausto Carioti

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