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Luigi Di Maio, il nuovo M5s e la grande paura: i nuovi eletti troppo autonomi e di sinistra

Giulio Bucchi
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C'è una grande paura dentro il Movimento 5 Stelle uscito trionfalmente dalle urne del 4 marzo: l'esercito dei 250 nuovi eletti, su 303 complessivi. Venerdì pomeriggio Luigi Di Maio li riunirà tutti in un hotel ai Parioli di Roma, per "catechizzarli con consigli pratici e soppesarli", spiega il Fatto quotidiano. Una pattuglia, nutrita, di professori, avvocati, professionisti, militari che, questo il timore dei vertici pentastellati, possano "pensare con la loro testa". In altre parole essere autonomi, magari qualcuno anche lusingato dalle offerte di cambio di casacca. "Molti non vogliono essere gestiti, alcuni candidati nei collegi uninominali lo hanno già dimostrato in campagna elettorale, ignorando i suggerimenti", nota il Fatto con una punta di inquietudine. Proprio quando servirebbe una compagine monolitica, per cogliere al balzo l'occasione di governare. C'è un altro dettaglio che non fa dormire tranquillo il candidato premier e i suoi collaboratori più stretti: il fatto che tanti neoparlamentari abbiano alle spalle un passato "ingombrante". Giuseppe D'Ippolito, per esempio, è stato avvocato di Beppe Grillo ma pure, per 10 anni, di Mps. "Dettaglio che ha tenuto fuori dal curriculum diffuso per la candidatura", sottolinea il Fatto. E poi c'è Marco Bella, ricercatore in chimica organica alla Sapienza di Roma, eletto alla Camera a Pomezia. Da blogger del fattoquotidiano, 2 annni fa aveva criticato proprio Grillo per aver dato spazio e credito a vari post sul metodo Di Bella contro i tumori. E tra giornalisti più o meno famosi, c'è pure "l'ombra rossa": tra gli onorevoli M5s ci sono tanti con un passato nel Pd o nella sinistra, da Vittoria Casa (segretaria Pd a Bagheria del 2008) al neo-senatore calabrese Giuseppe Auddino (nel 2010 corse alle Comunali di Polistena sotto falce e martello) fino all'avvocato sardo Mario Perantoni, nel 2010 candidato con i Comunisti italiani.

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