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Luigi Di Maio e il M5s in volo, i sondaggisti: "Dove sono arrivati e perché possono crescere ancora"

Andrea Tempestini
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I sondaggisti lo chiamano «effetto band wagon». Letteralmente, la tendenza a salire sul carro che trasporta la banda musicale. In politica indica il fenomeno della «luna di miele» post elettorale tra chi ha appena votato e i partiti vincitori. L'Italia, a poco meno di un mese dalle Politiche del 4 marzo, non fa eccezione. «A chi più ha, più sarà dato; a chi meno ha, meno sarà dato», sintetizza Nicola Piepoli.  Leggi anche: Sondaggio da godere: Liberi e Uguali? Sprofondo rosso Traduzione: «In queste settimane sono ulteriormente cresciute le forze politiche che hanno vinto e, viceversa, si sono ancora di più indebolite quelle che hanno perso». E dunque: il trend di M5S e Lega continua a essere positivo; quello del Pd (e, in misura minore, di Forza Italia) negativo. I pentastellati, a seconda dell'istituto di ricerca, oscillano da un minimo del 34,2 (Tecnè) ad un massimo del 34,6% (Index Research). Dalle urne avevano ottenuto il 32,7%. Il Carroccio, invece, che il 4 marzo ha incassato il 17,4%, è accreditato nella peggiore delle ipotesi del 19,2% (Tecnè); nella migliore addirittura del 23,5% (Index Research). Quanto al Pd, per Index Research è addirittura scivoltato sotto il 18%, perdendo un altro punto percentuale rispetto al 4 marzo. «Le due forze vincenti hanno rafforzato la loro posizione», osserva Maurizio Pessato, presidente di Swg: «Questo significa che la richiesta di cambiamento radicale espressa nel voto di un mese fa, continua». Dato ai vincitori quello che è dei vincitori, adesso l'attenzione si sposta sugli scenari governativi. «Gli elettori hanno investito su M5S e Lega anche in ottica del futuro esecutivo», sostiene il numero uno di Swg. Insomma, tra gli elettori non c'è traccia di quei veti che al momento stanno bloccando la soluzione del rebus post urne. «Nessuna ipotesi di alleanza conquista il favore della maggioranza degli elettori», premette Antonio Noto, direttore di Ipr Marketing, «ma quella che raccoglie più favori, voluta dal 43% di chi ha votato, vede insieme M5S e Lega». Lega, non l'intero centrodestra. L'accordo tra i grillini e tutta la coalizione è solo la seconda ipotesi. «Sono Matteo Salvini e Luigi Di Maio, più che i loro partiti, ad attirare i consensi», conferma Piepoli, secondo cui un patto tra il leader leghista e quello m5s è l'opzione preferita dal 37% degli italiani. «Dagli elettori arriva una domanda di governabilità. E desiderano che questa sia accolta, anche con un governo di progetto». Laddove per progetto Alessandro Amadori, vicepresidente dell'Istituto Piepoli, intende un «accordo di tipo manageriale. Come accade nelle grandi aziende, dove manager che magari non si stanno simpatici stringono un patto per il bene comune». «Gli italiani vogliono un governo che allontani l'instabilità e blocchi le potenziali situazioni sfavorevoli all'Italia», concorda Pessato. E se il negoziato M5S-Lega fallisse? «Intanto gli elettori desiderano che si faccia presto. Questo eccessivo periodo di decantazione li sta infastidendo», afferma Noto. Dopodiché «se non c'è l'accordo tra Di Maio e Salvini, meglio tornare al voto. Gli elettori ne hanno abbastanza di governi istituzionali. Piuttosto che proseguire con i giochetti, meglio le urne». Per Piepoli, invece, una porzione di elettorato (il 22%) sarebbe disposta ad assistere alla nascita di un «governo del presidente». Ovvero un esecutivo guidato da una personalità «indicata dal Colle» in grado di accompagnare il Parlamento nella stesura di una nuova legge elettorale propedeutica a nuove elezioni.  di Tommaso Montesano

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