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Antonio Socci: quelli come Mario Monti, protestano ma hanno portato l'Italia nel baratro

Davide Locano
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Il Giornale Unico Nazionale (Gun, che casualmente in inglese significa "pistola") fa fuoco e fiamme contro il Def del Governo: un bombardamento a tappeto mai visto prima. Ma - assodato che in ogni manovra economica si possono discutere sempre tante cose - com'è possibile che solo su questa tutti sparino a zero senza trovarvi nulla di buono? Non sarà il solito pregiudizio universale che da mesi ha fatto dei media il vero partito di opposizione al governo Lega-M5S? L'ostilità ideologica preconcetta mi pare evidente. Prendiamo "l'eresia" per cui tutti si stracciano le vesti: la previsione del deficit al 2,4% sul Pil. È davvero un programma così devastante? Ricordiamo cosa è accaduto finora. I precedenti governi Pd, con Padoan all'Economia, nei loro Def avevano previsto il deficit (in rapporto al Pil) all'1,4% nel 2016 e nella realtà si è attestato invece al 2,5. Lo avevano previsto all'1,8% nel 2017 e poi si è attestato al 2,3%. Nessuno sui giornali a suo tempo si è stracciato le vesti. Dunque dove sta oggi la tragedia? Non solo. Matteo Renzi, che in queste ore, insieme con il Pd, spara a palle incatenate contro il Def "espansivo" del governo, l'anno passato, nel libro Avanti, aveva lanciato una proposta ancora più dirompente: il deficit al 2,9% per cinque anni. Nessuno gridò allo scandalo. Leggi anche: "Ma non vi vergognate?": Socci e l'ultimo scempio del Pd RENZI VOLEVA IL 2,9% Peraltro Renzi aveva spiegato la sua proposta in una conferenza di presentazione del suo libro (che sta su YouTube) dove diceva alcune cose molto interessanti: «Il 2,9% di deficit per i prossimi cinque anni è una proposta politica che nei prossimi mesi l'arco istituzionale italiano dovrà comunque discutere. Non lo dico quindi dal punto di vista del Pd o mio personale: è un dato di fatto, una proposta significativa che sta in piedi e che permetterebbe agli italiani di avere almeno 30 miliardi di tasse in meno da pagare. È l'unico modo per rafforzare la crescita e creare posti di lavoro». A chi ieri glielo ha ricordato ha risposto che quella proposta vale «solo se c'è una manovra choc di riduzione del debito pubblico». Gli ha risposto Il Fatto Quotidiano demolendo il suo piano chiamato "Capricorn" per la riduzione del debito che ricordava «il gioco delle tre carte». Del resto il Pd, che è stato al governo finora, non l'ha mai realizzato. Il Def del governo Lega-M5S punta proprio a ridurre il debito, ma più seriamente, cioè attraverso la crescita, spinta da una manovra economica espansiva. È plausibile. Del resto è stato Renzi stesso, nella conferenza che ho citato, a sostenere che proprio la spesa in deficit è il modo per avere crescita e occupazione, quindi aumento del Pil e diminuzione del debito. Però lui e il Pd non hanno praticato questa via e lasciandosi costringere dalla Ue a prendere la strada opposta, quella dell'austerità tedesca, il debito è schizzato più in alto che mai. Nonostante il Qe della Bce, il basso costo del denaro e il basso costo del petrolio. Ma, a proposito del debito, pochi giorni fa Macron ha annunciato, per la Francia, oltre alla linea dura sull'emigrazione, un mega taglio fiscale e un deficit al 2,8% sul pil. I giornali italiani, che osannano sempre il presidente francese, hanno subito avvertito: lui lo può fare perché la Francia non ha l'enorme debito pubblico che abbiamo noi. Noi non possiamo. Ma è vero? Prendiamo un titolo del Sole 24 Ore del 31 agosto 2017: «Italia? No, è la Francia il Paese più indebitato dell'area euro». L'articolista, Vito Lops, spiegava che se invece delle nude cifre del rapporto debito/pil (in cui l'Italia è messa male) «si amplia lo sguardo al debito aggregato, ovvero ai livelli di indebitamento di tutti gli attori economici (Stato, imprese, banche e famiglie) l'Italia si rivela d'emblée un Paese nella media, senza grossi problemi di debito. Sempre seguendo questa classifica - che però al momento non fa parte delle griglie con cui l'Unione europea giudica l'operato dei suoi membri - si scopre» aggiungeva Lops «che è la Francia il Paese più esposto finanziariamente; il Paese che ricorrendo al debito sta vivendo l'oggi più di tutti con i mezzi del domani». LACRIME E SANGUE Eppure è proprio col pretesto del debito che ci hanno sempre imposto “lacrime e sangue”. Il partito dei giornali cantava in coro l'alleluia per le finanziarie del rigore teutonico. Come quella di Monti. Lui sì che, applicando il rigore dei conti imposto dalla Germania, risanava il Paese così indebitato: fu considerato il salvatore dell'Italia. Sapete come andò? Il rapporto debito/pil era al 119% quando arrivò Monti (senza mai essere stato votato) ed era schizzato al 126,5 quando se ne andò. I risultati di tutti quei sacrifici che c'imposero non li dicono mai agli italiani, che furono spremuti di tasse e stremati. Eccoli qua: nel 2011, quando il salvatore della patria prese il governo il Pil era al +0,4% e poi crollò con lui al -2,4 (con tanti trimestri consecutivi di recessione). La disoccupazione era all'8% e quando se n'è andato era salita all'11,4 (quella giovanile dal 29 al 38%). Il partito dei giornali vuole replicare ancora questi “successi”? Una cosa è certa: la politica “lacrime e sangue” imposta dalla Germania si è dimostrata fallimentare e bisogna cambiare strada. Ora ci stanno provando. Peggio di quelli del passato non possono fare. di Antonio Socci

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