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Governo, l'agguato grillino sul decreto sicurezza: il ricatto sulla crisi

Gino Coala
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Stamattina faranno la pace. Ma più che pace sarà una tregua armata. Verrà trovata una soluzione tecnica per rendere meno "imbarazzante" il condono agli occhi del popolo grillino che oggi e domani si troverà riunito al Circo Massimo con i propri "paladini". E, soprattutto, occorrerà reperire coperture alternative per il decreto fiscale, visto che il salvacondotto, per quanto disgraziato, avrebbe prodotto gettito. «A me del condono non frega niente», ha assicurato Matteo Salvini dal Trentino, dove è in giro per comizi. Ciò che preoccupa il ministro dell' Interno sono i danni collaterali. Per rappresaglia, i Cinquestelle hanno messo nel mirino due provvedimenti che, invece, stanno molto a cuore al leader leghista: il decreto sicurezza-immigrazione e la legittima difesa. Leggi anche: Vespa, il rischio altissimo sul decreto fiscale: "Forse non c'è più tempo per fermarsi" Sul primo testo il gruppo pentastellato al Senato ha presentato ben 81 emendamenti, la senatrice Paola Nugnes ha parlato chiaramente di incostituzionalità della norma. LA REAZIONE Cosa che ha mandato il vice premier fuori di testa: «Perché i Cinquestelle hanno presentato emendamenti come se fossero all' opposizione? Non è così che si lavora...». E non tranquillizza la serpentina del ministro Riccardo Fraccaro, che prima benedice le richieste di modifica dei senatori grillini («Ottantuno buone idee») e poi smorza in serata: «Gli emendamenti saranno condivisi con l' alleato». Lo stesso Luigi Di Maio rimette in discussione il decreto Salvini, approvato all' unanimità dal Consiglio dei ministri: «C' è un problema politico». Un altro. Ne vorrebbe discutere con il titolare del Viminale. Ma parlare con l' alleato è un' impresa. È sempre in giro in campagna elettorale. «Ci sono dei nodi che non abbiamo sciolto». Probabilmente lo faranno oggi. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, parte spettatrice in questa contesa, ha convocato il Cdm per le 13, lasciando la mattinata a disposizione dei due leader affinché si parlino e trovino una quadra. Ieri il clima era pessimo. Salvini ha ricostruito il Cdm che ha approvato la manovra e il dl fiscale («Conte leggeva e Di Maio scriveva»), evocando - involontariamente? - l' immagine della lettera di «Totò, Peppino e la Malafemmina". Di Maio gli ha risposto per le rime: «Lui dice che non è fesso, ma io non sono un bugiardo». E ha tirato in ballo il sottosegretario alla Presidenza Giancarlo Giorgetti, di fatto accusandolo del casino che è successo: «Nel pre-consiglio, i nostri legislativi si confrontano tecnicamente sulle norme che si portano in Cdm. Se sul dl fiscale non si è fatto è perché la persona che deve riunirlo non l' ha convocato». CHE SOLUZIONE? Ma comunque Lega e Cinquestelle sono obbligati a trovare una soluzione. Una crisi di governo, a sessione di bilancio aperta e con il fiato della Commissione europea sul collo, non si è mai vista. È chiaro, però, che Salvini si tiene pronto a ogni evenienza. E il fatto poi che Matteo abbia sempre il piano b pronto (rimettere in piedi il centrodestra) e che Giggino si stia viceversa giocando la partita della vita, alimenta le tensioni. Ulteriormente. Il casus belli di oggi comunque dovrebbe risolversi con uno «scambio di prigionieri». La soluzione che vanno cercando i tecnici sta nell' evitare che la «pace fiscale» perorata dalla Lega comporti anche l' impunità per chi ha evaso le tasse. Un' ipotesi sussiste nell' esclusione dalla sanatoria di chi ha riciclato denaro all' estero. In cambio il Carroccio chiede l' eliminazione del riequilibrio della Rc auto tra Nord e Sud e il condono edilizio per Ischia. Temi cari all' elettorato meridionale che il 4 marzo ha premiato i Cinquestelle con percentuali da capogiro. di Salvatore Dama

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