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Giuseppe Conte kamikaze, il sacrificio sulla manina: "Tutta colpa mia"

Davide Locano
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Matteo Salvini e Luigi Di Maio fanno la pace. Per ora. La colpa dell'incomprensione se la prende il presidente del Consiglio. La manina non c'è mai stata. Semplicemente, durante la famosa riunione del gabinetto, Giuseppe Conte ha sintetizzato i contenuti dell'articolo 9 senza leggere la sua traduzione normativa. Mezza giornata di lavoro è bastata per sistemare la crisi tra gli alleati di governo. In realtà, entrambi i soci dell'alleanza gialloverde erano arrivati al tavolo ben predisposti. Di Maio si è seduto speranzoso di risolvere il caso del condono per dare in pasto alla piazza grillina riunita al Circo Massimo l'immagine di un Movimento che non si fa corrompere dall'esercizio del potere, ma rimane “puro”. Salvini è sbarcato a Roma con l'intenzione di chiudere la polemica ed evitare che ci fossero reazione scomposte dei pentastellati sui provvedimenti che realmente stanno a cuore alla Lega, cioè il decreto sicurezza e immigrazione e la legittima difesa. Il vertice politico che ha preceduto il consiglio di ministri è servito proprio a suggellare la tregua. Il cdm non ha fatto altro che mettere nero su bianco la riscrittura della misura sul condono. Leggi anche: Conte getta la maschera: è ufficialmente grillino LA TREGUA Di Maio mette da parte i sospetti sull'alleato. La nuova versione di come sono andate le cose la fornisce Conte. Sulla storia della manina «essendo io anche il garante, ci tengo a fare chiarezza, anche perché siamo il governo non solo del cambiamento ma anche della trasparenza». É andata in questi termini: «L'accordo politico è stato raggiunto in zona Cesarini, poco prima del cdm, così come è successo in passato, sull'articolo 9 non c'era un testo scritto. Mi è stato portato questo foglio. Ovviamente se anche faccio leggere una norma di natura fiscale a un commercialista è molto complessa, ho preferito dunque io riassumere i termini dell'accordo politico raggiunto, riservandoci poi di valutare la trascrizione tecnica. Il problema è nato perché, dopo le opportune verifiche, ci siamo resi conto che non rispecchiava l'accordo politico, quindi c'è stato bisogno di questo passaggio che ha portato a un'ulteriore deliberazione del cdm». Pacificata l'alleanza di governo, ora il nemico comune torna l'Europa. Anche se Salvini si dice disponibile a incontrare i vertici di Bruxelles per spiegare i contenuti nella manovra. Nel frattempo arriverà la risposta del governo alla Commissione Ue, in cui sarà di fatto confermato l'impianto delle misure (e il deficit al 2,4) nella sua stesura già approvata. Si profila uno scontro frontale. La lettera al commissario Pierre Moscovici sarà preparata dal ministro dell'Economia Giovanni Tria sotto la supervisione del premier Conte. E partirà lunedi. Salvini? Ha fretta di rientrare a casa. «Se non vado, mia figlia chiama il telefono azzurro», scherza a margine del consiglio. La pace fiscale, secondo il vice premier è comunque messa sotto chiave ed è «un enorme successo», dice. «Nella prima versione del decreto fiscale non c'era e il Parlamento recupererà». «UOMINI DI PAROLA» Noi, assicura il ministro dell'Interno, «siamo uomini di parola». Finalmente, aggiunge, «si chiudono due o tre giorni surreali, nessuno aveva intenzione di scudare, condonare regalare, non tutto il male vien per nuocere, tutto è bene quel che finisce bene». L'accordo rispolvera il contratto di governo, dove si parlava di «saldo e stralcio delle cartelle di Equitalia per le persone che versano in difficoltà economica». É stata una settimana difficile, ricorda Salvini, che «si chiude con questo impegno. C'è la nostra parola». No allo scudo sui fondi esteri e alla non punibilità penale per gli evasori, la pace fiscale «riguarderà solo donne, uomini e società che hanno fatto la dichiarazione dei redditi». Non si tratta di un passo indietro, giura il vice premier leghista, «ma di un passo avanti, visto che ora faremo la rottamazione delle cartelle di Equitalia». Salvini e Di Maio, pur critici verso le istituzioni comunitarie, ribadiscono l'appartenenza all'Ue: «Non c'è da parte nostra alcun proposito di uscire dall'Ue o dall'euro, ma vogliamo cambiarne le regole», dichiara il leader leghista. «Finché resterò capo politico del M5S», ha aggiunto Di Maio, «non ci sarà nessun tentativo di lasciare l'Ue o la zona euro. C'è la volontà di confrontarsi con le istituzioni europee». I due vice premier ribadiscono anche che non c'è nessuna intenzione di fare una patrimoniale. E il premier Conte sottoscrive. di Salvatore Dama

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