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Luigi Di Maio, perché il grillino cala le brache davanti a Salvini: cosa c'è dietro

Gino Coala
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Di Maio è in difficoltà. È al potere ma ha sempre meno amici. Il che significa che la sua autorità scricchiola sempre più, come il balcone di Palazzo Chigi sul quale poche settimane fa festeggiò con i ministri grillini l' abolizione della povertà e che oggi necessita di lavori di manutenzione per non crollare. Leggi anche: Le Iene, le foto sul villino abusivo che incastrano Di Maio: come se la godeva in piscina Il suo partito non lo segue più. Grillo l' ha mollato, Fico abbandona la terzietà a cui sarebbe tenuto in quanto presidente di Montecitorio per contraddirlo, i suoi ministri o sono invisibili o, peggio, come la Castelli e Toninelli, si alternano a dargli grattacapi. L' anonimo Conte, di fatto una sua creatura, l' ha sopravanzato in popolarità. Pure la sua famiglia l' ha inguaiato. La ditta, prima del padre e oggi sua e della sorella, causa lavoranti in nero, è diventata uno spot contro il reddito di cittadinanza, che premierebbe allo stesso modo disoccupati reali e finti. L' unica persona su cui Gigino può contare è Matteo Salvini, che l' ha difeso anche negli scandali degli abusi edilizi e dei traffici in nero paterni. Però non si tratta soltanto di generosità, il ministro dell' Interno lo tiene su, e giura che il governo durerà cinque anni, solo perché per ora gli fa comodo così. La Lega mangia un punto al mese a M5S e ogni dì si dimostra l' unica forza di governo affidabile, ha convinto di questo perfino Mattarella e l' Europa, ma è allergica alle ammucchiate e ai ribaltoni, che alla fine nuocciono a chi li apparecchia, e sa che altra acqua deve passare sotto i ponti prima di poter sbancare da sola alle urne. GENIALE NO, FURBO Sì E allora siccome, pur non essendo un genio, Di Maio è dotato di furbizia e istinto di conservazione, per non perdere la poltrona il leader di M5S cala le brache, il che significa acquattarsi sotto le gonne della Lega. Salvini dopo mesi torna a parlare di autonomia e stringe i tempi, Luigi annuncia che l' argomento sarà trattato dal consiglio dei ministri prima di Natale, alla faccia della Lezzi, ministra del Mezzogiorno, che ha appena parlato contro le rivendicazioni economiche delle regioni nordiste. Il ministro dell' Interno contraddice Conte sul patto all' Onu per il riconoscimento del diritto di emigrare, del quale il premier aveva garantito la sottoscrizione da parte dell' Italia, e Di Maio dà ragione al leghista, affermando che capisce i critici dell' accordo e che l' argomento sarà discusso in Parlamento. Il vicepremier pentastellato si sta avviando a diventare il ventriloquo di quello del Carroccio. Ieri, per emularlo, è andato in Veneto, dove imprenditori grandi e piccoli gli farebbero volentieri la pelle, e per la prima volta ha parlato di rivedere seriamente quelli che fino a due giorni fa definiva i «numeretti» della manovra e il rapporto deficit/Pil. Naturalmente l' apertura all' Europa è arrivata dopo quella fatta un paio di giorni fa dal leader leghista. Di questo passo, non ci sarebbe da stupirsi se tra qualche tempo vedremo Di Maio tagliare il nastro di un nuovo termovalorizzatore in Campania al grido «questa ceppa è mia». Non c' è da infierire contro di lui, anzi è il caso di tirare un sospiro di sollievo. Senza più un partito, anche Di Maio si attacca all' unico uomo forte rimasto, poco importa se dovrà adattarsi a fargli da reggimoccolo. Chissà che non sia l' inizio di un nuovo corso grillino, con l' accantonamento di tutte le promesse irrealizzabili della campagna elettorale e l' avvio di una politica economica sensata. UN NUOVO CORSO? Il primo segnale in tale senso potrebbe essere il recepimento della proposta del sottosegretario leghista Siri in materia di reddito di cittadinanza. Per evitare di darlo a chi sta a casa o, peggio, a chi svolge un lavoro nero o è un finto povero (la Guardia di Finanza ha scoperto che 4 dichiarazioni di indigenza su 10 sono false), il Carroccio suggerisce di pagare il reddito alle aziende che assumono e formano disoccupati. Sarebbe l' uovo di Colombo: taciterebbe l' Europa e quanti accusano la misura di essere solo assistenziale e impedirebbe di dare assegni a capocchia. Sarebbe pure l' unico modo dignitoso per Di Maio di uscire dal vicolo cieco in cui si è cacciato. La Lega è pronta a rinunciare a 4 dei 6,7 miliardi di spesa previsti per la riformulazione della legge sulle pensioni. Ora sta a M5S allinearsi, e già si parla di un solo reddito di cittadinanza per famiglia e di 500 euro anziché i 780 promessi. Ma a quel punto il salario grillino equivarrebbe al reddito di inclusione previsto da Renzi e la figuraccia per Gigino sarebbe totale. Visto che le braghe sono calate, meglio allora per il leader pentastellato ripararsi dietro chi può nasconderne le vergogne. di Pietro Senaldi

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