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Elezioni europee, Di Maio ha le ore contate. Libero sapeva tutto: l'articolo che ha fatto esplodere il M5s

Giulio Bucchi
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Comunque vada, per Di Maio sarà un insuccesso. Come scritto ieri da Vittorio Feltri nel suo editoriale, domani si vota per eleggere il Parlamento Europeo ma in realtà la consultazione sarà un referendum tra M5S e Lega. I due partiti da un anno governano insieme contro natura. Ciascuno ha fatto quel che poteva, il Carroccio ha risolto qualche problema su immigrazione e sicurezza, Cinquestelle ha prodotto sciagurati disegni di legge su economia e giustizia, ma da due mesi è tutto fermo. I grillini hanno impiegato questa orrida e volgare campagna elettorale a insultare l' alleato leghista e Salvini si è limitato a borbottare senza rompere, concentrandosi sulle promesse di abbassare le tasse e cambiare l' Ue, tema neppure sfiorato da M5S, malgrado si voti per eleggere l' Europarlamento. Oggi è giorno di silenzio e da domani l' unica voce che conta sarà quella dei numeri. Alle ultime consultazioni nazionali M5S ha preso il 32% e la Lega il 17, poi a fine estate Salvini ha cominciato a crescere mostruosamente, ha superato il collega rivale ed è arrivato nei sondaggi a raddoppiare i consensi. Cinquestelle invece è precipitato, scontando il fatto che Di Maio dava la sensazione di essere a guinzaglio del leader leghista. Gli ultimi dati pubblicabili, due settimane fa, davano la Lega in leggero calo, sopra il 30% e i grillini in ripresa, intorno al 25. Piccola inversione di rotta che gli esperti imputano al lavorio di alcune procure, puntigliosamente concentrate sulla demolizione del centrodestra e al ritorno di M5S alla politica delle manette e del vaffa, anche se spesso, nel dover parlare male delle iniziative del governo, i grillini si sono trovati a mandare al diavolo soprattutto loro stessi. Botte al nemico - Come finirà non è dato sapere. È chiaro però che se fossimo in una gara di atletica e Salvini, partendo con 15 metri di svantaggio, si piazzasse 5 metri davanti, sarebbe celebrato come il trionfatore. Siccome però giornali, opinionisti di sinistra, imprenditori raccomandati e magistrati schierati, più il nuovo Pd, che non aspetta altro che governare con M5S, hanno deciso che il leghista è il nemico da abbattere mentre il grillino sarebbe il meno peggio, da giorni sotto traccia è partito un tam tam che punta a dipingere il primo arrivato come lo sconfitto e il secondo come il vincitore, in barba ai numeri. Il motivo è che se le urne confermassero il leghista come uomo forte della politica, per i suddetti non ci sarebbe più trippa, Matteo tirerebbe dritto senza mediazioni e senza curarsi di critiche e nemici. Il capo grillino invece ha già calato le braghe, è ansioso di ricompensare i servigi di chi fino a ieri lo reputava una iattura per l' Italia e oggi si piega a tirargli la volata. Purtroppo per i nuovi estimatori dell' ex sfaccendato di Pomigliano d' Arco, la loro fatica è sprecata. Il loro idolo ha le ore contate e a pugnalarlo non sarà Salvini bensì i suoi compari grillini duri e puri, i sinistri e sinistrati fedeli alla linea di Fico e Di Battista, i quali hanno giocato con Di Maio come il gatto con il topo. Essi hanno spinto il loro capo a rompere con Matteo, ad attaccare la Lega su giustizia e immigrati, insultare l' alleato fino a rendere la situazione non ricomponibile, opporsi a grandi opere e taglio delle tasse, riportare il Movimento alle sue origini di protesta e di non governo, e quando domani Di Maio finirà alle spalle dell' alleato, lo processeranno per aver dilapidato milioni di voti. La sinistra fa così: detta la linea, provoca la sconfitta, defenestra l' incauto che l' ha assecondata. Tutti gli scenari - Qualsiasi scenario futuro è sfavorevole al leader grillino. Se si torna alle urne, non può ricandidarsi, e anche se lo facesse decidendo di vìolare la regola del doppio mandato, non sarebbe lui il capo. Se M5S andrà al governo con il Pd, Giggino non può essere l' uomo del dialogo, avendo governato con Salvini. Se viceversa egli dovesse continuare con la Lega, si troverebbe una situazione capovolta in termini di consenso e quindi di forza. A quel punto l' agenda politica la detterebbe il leader leghista, il quale rivendicherebbe la gestione del potere e delle nomine, con M5S costretto ad abbozzare per non far saltare il tavolo e rischiare di perdere metà dei parlamentari. Qualunque altra soluzione, vedrebbe Di Maio ancora più ai margini. Il leader grillino non ha sbagliato campagna elettorale, è che non ne aveva azzeccata una fino al suo inizio ed era impossibile invertire la rotta e uscirne integro. Fico in questo mese è stato zitto, nascondendosi dietro il proprio ruolo istituzionale, e l' ha lasciato fare. Da lunedì però il presidente della Camera tornerà a parlare e Di Maio non saprà che vestito mettersi per la nuova stagione. Ricominciare a fare il moderato e a tubare con Salvini è una contorsione impossibile anche per un' anguilla come lui, che però non è neppure credibile come capo movimentista, perché c' è di meglio. Per salvare la baracca dal tracollo Giggino si è messo in vendita. Solo che in politica, se non vinci, nessuno è interessato a comprarti. di Pietro Senaldi

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