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Giancarlo Giorgetti, ultimo delirio della sinistra: "Non canta l'inno nazionale"

Davide Locano
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Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, è sotto accusa per non aver cantato a squarciagola l' inno di Mameli prima della partita di calcio tra le nazionali giovanili di Italia e Spagna, dagli azzurri vinta brillantemente, per la cronaca. E chissenefrega? Non è mica da questi particolari che si giudica un calciatore, e neppure un politico, come ha insegnato tanti anni fa Francesco De Gregori in una delle sue canzoni più belle. Invece no, la sinistra delle cause perse si attacca anche a questo. Pur di screditare la Lega, confonde l' amor di patria con la retorica, come se esso dipendesse da quanto si gonfia il petto quando gioca la Nazionale. Siamo al paradosso, gli stessi che contestano il governo in quanto sovranista e danno a Salvini del fascista criticano il suo braccio destro perché non si comporta come Mussolini bensì come un sobrio governante, che non usa lo stadio per farsi pubblicità. Leggi anche: Giorgetti, futuro da commissario Ue? Le sue parole Giorgetti ha, tra gli altri incarichi, le deleghe allo Sport. Tuttavia le esercita al tavolo di lavoro, con poco sfoggio, e non sugli spalti. Se la sinistra lo vuole contestare, lo faccia per i risultati, non per la forma. E comunque, aspetti che passi l' eco delle gesta del precedente ministro dello Sport, targato Pd, che anziché negli stadi se la cantava nelle cene con i magistrati, dove diceva la sua in merito a chi avrebbe dovuto guidare le Procure che indagavano lui e i suoi alleati e danti causa politici. Ciascuno ha il suo stile. Giorgetti, benché faccia politica a Roma da trent' anni, resta uno spiccio spirito lombardo, pragmatico e per nulla trombone. Fare il baritono in tribuna non è da lui, probabilmente non è neppure molto intonato; facile che, avendo rispetto di sé, oltre che del ruolo, si vergogni a cantare quando è fuori dalla doccia. È un economista ultracinquantenne, non un vip da gradinata. Non avrebbe mai la faccia tosta di precipitarsi dall' altro capo del mondo se un tennista italiano andasse in finale, come fece Renzi volando a New York per la Pennetta, e neppure ha la guasconeria di farsi fotografare abbracciato al tecnico della Nazionale prima dei Mondiali, salvo non rivolgergli più la parola dopo l' eliminazione al primo turno, come sempre Matteo fece. La sinistra, che oggi lo critica per la sua continenza, sarebbe la prima a sparargli contro se il sottosegretario mischiasse lavoro e autopromozione. Sicuramente Giorgetti non se l' è presa per le critiche. Per quel poco che lo conosco, immagino le ritenga ridicole. Se però lo attaccano per tali inezie, mentre fino a ieri i progressisti sostenevano che fosse l' unico leghista presentabile, significa che è diventato ancora più importante. Magari il fuoco di fila è partito perché non vogliono che diventi commissario europeo, oppure perché è il più anti-grillino della compagine salviniana e a sinistra sono iniziate le prove generali per un' intesa, almeno di popolo, Pd-M5S. Il patriottismo di un tifoso si misura dai decibel con cui fa sentire allo stadio il proprio calore ai giocatori ma quello di un sottosegretario con deleghe allo Sport si misura dai risultati delle nostre nazionali. E per questo ci vuole tempo, anche se il fatto che dopo oltre un decennio siamo riusciti a battere la Spagna è almeno un buon inizio. Quanto all' Italia, da secoli «calpesta e derisa perché divisa», come recita l' inno che Giorgetti non ha cantato, vorremmo ricordare a chi fa la morale al numero due leghista che essa non si difende con l' ugola, ma per esempio tutelandone le frontiere. Alla scorsa festa della Repubblica ben tre alti comandanti delle Forze Armate si sono rifiutati di partecipare alla parata militare perché la ministra grillina Trenta aveva dedicato le celebrazioni all' inclusione e non all' esercito. Coloro che attaccano il numero due leghista sono gli stessi che ogni giorno criminalizzano il ministro dell' Interno in quanto si batte contro la violazione delle nostre acque territoriali da parte di navi straniere cariche di clandestini e perché è a favore di un' immigrazione controllata e di quella non senza regole che piace al Pd. I progressisti sono nazionalisti ultrà sul campo da calcio ma tifosi sfegatati di Francia e Germania quando c' è da difendere l' Italia in Europa. In trasferta i critici di Giorgetti si adoperano per l' autogol e se, oltre che cornuti, finiamo mazziati, ci godono. D' altronde quando vincono, di solito anziché l' inno di Mameli intonano Bella Ciao. di Pietro Senaldi

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