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Matteo Salvini, Pietro Senaldi: sospetti sull'asse contro il leghista. Chi ha paura di andare al voto

Caterina Spinelli
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La chiamano democrazia, anche se poi deciderà uno solo, e neppure eletto dai cittadini, ovverosia Mattarella, il capo dello Stato. Ieri sono iniziate le procedure per mandare a casa il governo Conte. La Lega ha presentato la mozione di sfiducia in Senato, propedeutica alle elezioni anticipate, che il ministro dell' Interno, con la Meloni, è il solo a volere davvero, poiché tutti gli altri ci vengono trascinati a forza. Matteo le ha programmate per il 13 ottobre ma è già in campo un variegato esercito che sta combattendo per spostarle il più in là possibile. Meglio se mai. Confidano tutti in Mattarella, che secondo Costituzione, prima di indire le elezioni è costretto a verificare se in Parlamento si può costituire una maggioranza alternativa a quella sfiduciata. Il presidente avrebbe rassicurato Salvini che non farà carte false, in stile Napolitano, per ottenerla, e questo è stato fondamentale perché il leghista si decidesse a far precipitare la situazione. Tuttavia esperirà comunque il tentativo, in modo rapido ma zelante. Il leader della Lega sente puzza di bruciato e ha invitato i parlamentari ad «alzare il culo» per venire in Senato già la prossima settimana, malgrado sia Ferragosto, ma il problema per gli interessati non è alzare il culo per raggiungere il Palazzo bensì per lasciarlo. E, se si vota, più della metà di loro dovrà farlo; la qual cosa è l' unico vero ostacolo alle urne. Oggi tutti giurano che non si presteranno al ribaltone, che probabilmente non ci sarà, sebbene nessuno possa davvero escluderlo. Stiamo assistendo a uno spettacolo di vacche che festanti corrono verso il macello. Da qui le nostre perplessità e i timori che il quadro si complichi. L' OBIETTIVO Paure condivise da Matteo, il quale, per velocizzare i tempi, aveva invitato il premier Conte a dimettersi, ma quello si è rifiutato, sfidandolo a venire in Parlamento per spiegare le ragioni della richiesta, benché le ragioni siano evidenti a tutti: Salvini, piaccia o no, è il solo leader italiano in circolazione, guida un partito che ha il doppio dei consensi del secondo e si è stufato di giocare la partita nelle retrovie. Quel che vuole, l' ha detto chiaramente: «Pieni poteri», ovverosia fare il presidente del Consiglio dopo regolari elezioni. Il ministro ritiene esaurita l' esperienza di governo, sa che i grillini remano contro l' autonomia, il taglio delle tasse e la separazione delle carriere dei magistrati e in più vuole fare lui la manovra finanziaria per sfidare l' Europa. Inoltre non poteva permettersi l' approvazione il 9 settembre del taglio dei parlamentari, perché essa avrebbe fatto slittare di un paio d' anni la possibilità delle urne, richiedendo la fattura di una nuova legge elettorale. Un tempo troppo lungo, Matteo finirebbe logorato dal governo con M5S. Ecco allora che ha staccato la spina, approfittando anche del fatto che al momento non ha concorrenza: grillini e Pd non hanno un leader e quello di Forza Italia è un Cavaliere troppo di ritorno. La straordinaria situazione di forza della Lega è chiara a tutti i suoi avversari, che se ne stanno inventando di ogni per dilatare i tempi. Inshallah, è la loro strategia. Di Maio dice di voler votare, però dopo il taglio dei parlamentari, che è proprio ciò che impedirebbe il ritorno alle urne per un tempo infinito. Ovvio, Luigino pensa tanto a sé, che verrebbe sostituito, forse proprio da Conte, e un po' al suo partito. Se si tornasse al voto, almeno per i grillini la riduzione dei parlamentari sarebbe garantita, visto che la metà non sarebbe rieletta, ma questo taglio evidentemente non lo soddisfa. Pure Conte ha una tattica dilatoria, con la scusa di parlamentarizzare la crisi. Un po' per vendetta verso chi gli ha levato la poltrona a cui si era affezionato, molto per avere tempo di organizzarsi una seconda chance. Terrorizzati sono poi i renziani, che verrebbero decimati da Zingaretti prima che dalle urne. Il loro Matteo tramava per un ritorno, puntava anche lui ai voti in uscita di Berlusconi, ma è stato bruciato sul tempo visto che non potrebbe rompere il partito durante la campagna elettorale. Nessuno glielo perdonerebbe. Ma anche il segretario del Pd è stato preso di sorpresa: arriva la festa e non sa che vestito mettersi, visto che gli manca nientemeno che il candidato premier. C' È CHI RECITA UNA PARTE Partita a parte la gioca Forza Italia. Continua a dire di voler votare, il che è apparentemente inspiegabile, giacché rischierebbe l' estinzione. Però i berluscones sono costretti a recitare la parte, altrimenti si troverebbero automaticamente sbalzati fuori dal centrodestra di Salvini e Meloni, al quale invece stanno disperatamente cercando di restare aggrappati. In questo sforzo collettivo per trovare scuse che evitino il voto, si assiste a siparietti esilaranti. La sinistra dice che bisogna fare un governo ponte, perché non si può votare con un ministro dell' Interno in corsa per Palazzo Chigi. Lunare, visto che, da Monti a Berlusconi, e forse oggi pure a Conte, abbiamo votato perfino con presidenti del Consiglio che si riproponevano per lo stesso ruolo. Altra balla sesquipedale è quella dello spread e delle clausole Iva da disinnescare con una Finanziaria. La Spagna, che europeisti e anti-salviniani additano ogni giorno come l' esempio da seguire, è andata al voto a ripetizione in questi anni, senza danni economici. E poi i soldi per scongiurare l' aumento dell' imposta sul valore aggiunto ci sono, arrivati dall' aumento del gettito fiscale. Almeno questi tentativi hanno alla base uno sforzo tecnico, una giustificazione, per quanto strampalata. Ma abbiamo anche letto e sentito autorevoli opinionisti sostenere che non si può votare subito perché Salvini poteva far cadere il governo prima, perché ha detto che mira al potere e questo sarebbe destabilizzante per la democrazia, perché gli investitori si arrabbierebbero o perché ci sarebbero troppe leggi lasciate a metà strada, come per esempio l' eutanasia, che giace in coma da anni. Insomma, se vuol votare a ottobre, Salvini deve ritirare fuori il rosario e iniziare a sgranarlo: «Ave Mattarella...». di Pietro Senaldi

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