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Crisi di governo, per Matteo Salvini si mette male: non sa più cosa fare. L'unica soluzione possibile

Cristina Agostini
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Matteo Salvini sacrifica la Lega di governo e la sua poltrona da ministro per una scommessa identitaria che non potrà controllare: tutto è nelle mani di Nicola Zingaretti e della banda Grillo-Casaleggio, ai quali il presidente Sergio Mattarella ha concesso cinque giorni per convolare a nozze o precipitare verso un voto anticipato ormai abbastanza improbabile. Fino all'ultimo secondo utile, il titolare del Viminale ha cercato di giocare sul filo ambiguo di un doppio registro: le elezioni anticipate invocate come via maestra per uscire da una crisi annunciata da mesi, detonata all'improvviso ma subito avviticchiatasi sull'albero della sopravvivenza dei peones e dei maggiorenti grillini; oppure un nuovo tentativo gialloverde all'insegna del «tutto è perdonato o quasi», purché si passi dalla palude dei No pentastellati al mare aperto del Sì al ruolino di marcia riformatore del Carroccio. Eppure Salvini è entrato e uscito dalle porte girevoli del Quirinale con in mano una tripla da totocalcio che contemplava anche la sconfitta in casa, ovvero quello che lui ha definito il «patto delle poltrone» tra il Partito democratico e il MoVimento Cinque stelle. Ed è appunto questa la soluzione più verosimile, per quanto incongrua e gravida d' incognite possa apparire, con la quale il leader leghista dovrà misurarsi d' ora in avanti. Un po' come una squadra di calcio la cui qualificazione in Champions League - secondo alcuni si tratta invece di play off per non retrocedere in una serie cadetta - dipenda dall' esito di una partita giocata da altre due squadre: tutto periclita e poco o nulla resta nelle disponibilità del Capitano. Leggi anche: "Quell'asse ad escludendum di Salvini". Che cosa sa Toti: la bomba sulla crisi L' AZZARDO DELL' 8 AGOSTO - Lui, d' altra parte, ha tentato e tenterà fino all' ultimo di manovrare come un assediante sotto assedio: rischiando di apparire sin troppo irresoluto, ha gettato scompiglio nelle file nemiche invitando Luigi Di Maio a retrocedere dall'insana trattativa con Zingaretti, ha detto chiaramente a Mattarella che sarebbe stato disponibile a tornare sui propri passi per il bene dell' Italia, avrà forse pregato (invano) il sacro cuore di Maria affinché lo facesse tornare come per magia al 7 agosto, la vigilia del suo grande azzardo da guastatore guastato dall'irruzione sulla scena di Matteo Renzi e del partito del non voto che si è tirato dietro il fratello di Montalbano con tutto lo stato maggiore democratico. Un drastico e perfetto allineamento di pianeti sfavorevoli ha sconfitto, almeno finora, la strategia d' attacco salviniana. LE CARTE DA GIOCARE - Ieri sera, dopo una giornata di estenuanti minuetti, è stato finalmente chiaro che il taglio dei parlamentari reclamato da Di Maio come l' ultima sigaretta del condannato, e da sempre contrastato dal Pd, era soltanto un falso scopo: i grillini sono disposti a rinegoziare perfino tempi e modi di una riforma che sembrava vitale e urgentissima in cambio di un simulacro di salvezza offerto dal Pd. Tutto è perdonato, sì, ma a sinistra, dove si punta a gestire la legislatura imponendo ai nuovi alleati condizioni simili a quelle di Versailles: un disarmo totale e unilaterale travestito da discontinuità rispetto al governo di un Giuseppe Conte ritornato Carneade in un baleno. Se la salvezza politica di Salvini sta (stava?) nel ritorno imminente al voto, tuttavia, l' esultanza cisposa degli antipatizzanti che lo giudicano in caduta libera è ampiamente prematura. Per quanto il ministro dell' Interno sia apparso anche ieri un po' frastornato dal rincorrersi degli eventi e altrettanto ripetitivo nell' eloquio da campagna elettorale immaginaria, la sua Lega rimane una falange compatta intorno a lui e traboccante di consenso nell' Italia profonda. Le istanze popolari che hanno alimentato la fortuna di Salvini sono immutate, anzi se possibile vengono esulcerate in queste ore dalla sensazione diffusa dell' ennesimo esproprio di sovranità inflitto agli elettori dal Palazzo delle nebbie romano. Ed è esattamente su questo frangiflutti naturale che potrà andare a sbattere l' onda di una restaurazione attesa dalla prova dei fatti. Il frutto della sfida sovranista è destinato comunque a maturare nel tempo, foss' anche in forme nuove e ancora inimmaginate. di Alessandro Giuli

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