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Crisi di governo, il Pd si spacca su Conte: sì di Renzi e veto di Zingaretti (che gioca la "carta Fico")

Cristina Agostini
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Formalmente, il confronto prosegue. Prova ne è che oggi pomeriggio, alle 15, si riuniranno i sei «tavoli di lavoro» del Pd per «verificare le condizioni per la nascita di un esecutivo di legislatura» con M5S. Eppure più passano le ore, più i dubbi del Nazareno sulle reali intenzioni dei grillini aumentano. Prova ne è che il segretario Nicola Zingaretti, nonostante le rassicurazioni di Luigi Di Maio, continua a temere il doppio gioco pentastellato. «Mi auguro che l'ipotesi del doppio forno non esista», ha detto da Amatrice, dove ha partecipato alla cerimonia di commemorazione del terremoto del 2016. Giocare su più tavoli, ha aggiunto il governatore del Lazio, «sarebbe una cosa molto grave dal punto di vista della trasparenza della politica». Parole che lasciano intendere come al Nazareno non si fidino affatto dei colleghi grillini. E se Zingaretti preferisce un linguaggio più paludato - «credo che questa fase vada fatta ascoltandoci e rispettandoci l' uno con l' altro» - i suoi più stretti collaboratori non si fanno problemi. «Sembra che Di Maio stia lavorando per far saltare l'interlocuzione che è in atto con il Pd», è il sospetto del vicecapogruppo a Montecitorio, Michele Bordo. Un sospetto avvalorato dalla richiesta di M5S di affidare la guida del possibile governo giallo-rosso a Giuseppe Conte. Proposta irricevibile per i dem. «BASTA GIOCO AL RIALZO»  - «Per aprire una nuova fase politica, è necessario dare vita a un governo di svolta. Per questo abbiamo chiesto un governo in discontinuità con quello che ci ha visto tra gli oppositori», ha ribadito Zingaretti. In quest' ottica si inseriscono le nuove «priorità» elencate dal capogruppo alla Camera, Graziano Delrio: «Smettere la guerra a cooperazione e Ong; contrastare cambiamento climatico e sfruttamento del territorio; abbattere la disoccupazione; dare più soldi ai lavoratori; scuole di qualità». Leggi anche: Luigi Di Maio e il "fattore terrore" nella trattativa. Feltri: vinceranno loro, che governo ci ritroveremo Il continuo gioco al rialzo grillino inizia a spazientire il Nazareno. «L' altro ieri c' erano dieci punti tassativi. Ieri (venerdì) alle 14 il taglio dei parlamentari. Alle 21 Conte o morte. Così è molto complicato», si è sfogato Andrea Orlando, il vicesegretario del Pd. Conclusione: «Non si possono cambiare le carte in tavola ogni sei ore». Soprattutto se tra queste carte c' è quella di Conte, l' unica di cui al Nazareno non vogliono sapere. «Per quanto riguarda i punti programmatici presentati, siamo disponibili e aperti ad ogni tipo di confronto», ha confermato Zingaretti. Ma, gli ha fatto eco lo stesso Orlando, «ci sono cose percorribili e altre no». E tra le seconde rientra la conferma di Conte. «Verificare le condizioni e, se non ci sono, voto», ha tagliato corto l' ex Guardasigilli. IN PRESSING - Un tono perentorio che però non piace ai renziani, interessati invece a raggiungere a tutti i costi un accordo con M5S per motivi di bottega (mantenere il controllo dei gruppi parlamentari e guadagnare tempo per permettere alle truppe dell' ex premier Renzi di riorganizzarsi). Ecco, così, che ieri Maria Elena Boschi ha tenuto a far sapere che il niet all' indirizzo dell' avvocato pugliese è esclusivamente farina del sacco di Zingaretti, il quale invece apre all' ipotesi del grillino Roberto Fico, attuale presidente della Camera («se ce lo propongono non rifiutiamo», avrebbe detto). «La posizione è quella del segretario. Su Conte, Zingaretti ha detto no, quindi noi che dobbiamo dire? Se il segretario, che sta seguendo la trattativa con M5S, ha detto no, solo lui può eventualmente cambiare quella posizione». Traduzione: valuti Zingaretti se è il caso, per non far fallire il negoziato, di accettare la condizione posta da Di Maio. Soprattutto alla luce delle parole dello stesso Conte dalla Francia, che si è detto indisponibile a guidare un nuovo governo con la Lega. Non a caso Renzi invita a superare i veti: «Salvini ha chiesto pieni poteri, ma rispetto a 15 giorni fa adesso è in un angolo, quasi ko. Mi auguro che prevalga la responsabilità. E che si pensi all' Italia, non all' interesse dei singoli». Parole speculari a quelle pronunciate dal premier dimissionario. Paolo Gentiloni, Dario Franceschini, Maurizio Martina e Marco Minniti hanno fatto il punto al Nazareno con i vicesegretari Paola De Micheli e Orlando: sul piatto, la caccia a un nome terzo che accontenti dem e 5Stelle. Il Pd tirerà le somme martedì, quando si riunirà la direzione per fare il punto definitivo con M5S in vista della salita al Colle per il secondo giro di consultazioni (mercoledì). di Tommaso Montesano

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