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Ferrara: "Italia alla deriva per una classe politica incapace"

Giuliano Ferrara

Gli editorialisti scrivono l'epitaffio per l'Italia. Polito sul Corsera: "Colpa dei partiti che non si parlano"

Roberto Procaccini
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Un Paese sulla strada "di un futuro penoso e forse di un disastro". O peggio, un ritorno "allo stato di natura dell'Homo homini lupus" di "una nazione che perde di vista l'interesse comune" e "prepara la rovina collettiva". Di chi si parla? Ma dell'Italia, ovviamente. Uno stato trascinato nel baratro da una classe dirigente chiusa nelle sue beghe e incapace di formulare proposte. E' il ritratto a tinte fosche che del Belpaese fanno due firme di punta nel giornalismo nostrano: Giuliano Ferrara sul Foglio e Antonio Polito sul Corriere della Sera. L'elefantino non nega la loro dignità alle lotte di potere che dilaniano Pdl e Pd ("Non siamo snob"). Ma punta il dito sull'immobilismo che i conflitti interni alle forze politiche comportano sulla vita del paese. "Ma da quanto tempo, tra governo e partiti - chiede Ferrara - non ascoltiamo una parola persuasiva, informata, seria sulla vera posta di questa fase della storia economica, sociale e politica del mondo, dell'Europa e dell'Italia?". Insomma, gli argomenti sui quali la nostra classe dirigente dovrebbe esprimersi non mancano: c'è la burocrazia comunitaria che rappresenta "la fine del potere di decisione di chi vota alle elezioni politiche sul destino del paese di cui è cittadino". Oppure ci sono le grandi questioni economiche e finanziarie, ammonisce l'elefantino, come le manovre per uscire dalla crisi di Gran Bretagna e Stati Uniti e l'ingerenza commerciale della Germania. "Di queste cose una classe dirigente come la nostra - commenta il direttore del Foglio - impegnate in battaglie retoriche contro i populismi, non sa più discutere, se pure ne sia correttamente informata". Da qui la profezia: ci aspetta un futuro penoso e forse di un disastro.  Partitocrazia decomposta - Sulle pagine del Corsera, invece, Polito schizza una tavola anatomica poco lusinghiera del sistema dei partiti italiani. Il Pdl, prossimo a trasformarsi in una Forza Italia già dimezzata, nasce sulle ceneri dell'idea fondativa "di riunificare in un unico contenitore tutte le culture (e gli apparati) del centrodestra". Il Pd, allo stesso modo, gira intorno a un fallimento: "Portare al governo il riformismo italiano". Anzi, rincara l'ex direttore del Riformista, "l'unico partito non ad personam della Seconda Repubblica è morto soffocato dal personalismo di decine di piccoli leader, capaci di dilaniarsi dall'elezione del Presidente della Repubblica fino a quella del segretario di Asti". Delle altre formazioni politiche Polito non tratteggia uno stato di salute migliore: in Scelta Civica "non si parlano neanche più tra di loro", la Lega "si avvia a un congresso fratricida", mentre Alleanza Nazionale potrebbe rinascere "per recuperare il bottino" del conto in banca "che è sopravvissuto al partito". E allora la paralisi del Paese, secondo l'ex senatore della Margherita, è diretta conseguenza "di una lotta politica che squassa i partiti dall'interno e produce una pletora di cacicchi, cassieri e cantori". "Ovunque la lotta politica non è un pranzo di gala - osserva amaro Polito -. Ma in nessuna democrazia occidentale i leader non si siedono neanche a tavola".

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