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Luigi Di Maio, disastro nascosto. Paola Tommasi: "Evasione fiscale, fa l'esatto opposto di quello che dice"

Cristina Agostini
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Quando inneggia alla lotta all'evasione fiscale, il governo Conte bis non sa neanche di cosa parla. Il carcere per gli evasori in Italia esiste già. Un esempio celebre è sotto gli occhi di tutti: la condanna, da molti ritenuta ingiusta, di Silvio Berlusconi nel 2013 proprio per frode fiscale, per la quale ha scontato l' affidamento ai servizi sociali. E i 5 stelle, con il ministro Bonafede, rischiano di rendere la normativa più favorevole per chi non paga le tasse piuttosto che irrigidirla come vorrebbe il loro elettorato manettaro. La gaffe più eclatante è del capo politico, Luigi Di Maio, quando dice: «Colpiamo i pesci grossi». Ma se si vogliono punire i grandi evasori e tutelare i più piccoli, che magari evadono per necessità o perché non hanno materialmente i soldi da versare al fisco o semplicemente perché sbagliano, senza dolo, a compilare la dichiarazione dei redditi, allora bisognerebbe alzare le soglie oltre le quali scatta il carcere, non abbassarle a centomila euro, limite che l' esecutivo pare voglia inserire nel prossimo decreto fiscale. Le norme oggi vigenti risalgono al governo D' Alema (Decreto Legislativo n. 74 del 10 marzo 2000), non certo di destra né con simpatie per gli evasori, prevedono il carcere da sei mesi a sei anni per quattro fattispecie di reato (articoli 2, 3, 4 e 5) ed ulteriori pene accessorie (articolo 12) che possono arrivare fino all' interdizione dai pubblici uffici. Leggi anche: L'uso del bancomat? Una sciagura per le famiglie: quanto ci vogliono far sborsare Pd e Cinque Stelle Il carcere scatta se, in sede di dichiarazione dei redditi, tanto da parte di imprese quanto di persone fisiche, si riduce fittiziamente la base imponibile, vale a dire quella su cui si calcolano le imposte, indicando maggiori costi rispetto a quelli effettivamente sostenuti oppure indicando minori ricavi. La base imponibile, infatti, è per grandi linee data dal risultato di una sottrazione: ricavi meno costi. Più alti sono i costi, o più bassi sono i ricavi, minore è la base imponibile quindi l' imposta dovuta. E il carcere scatta se si verificano congiuntamente due condizioni: imposta evasa superiore, a seconda che si ricada nella fattispecie dell' articolo 2 o 3, a 75mila o 100mila euro; e ammontare dei ricavi nascosti o dei costi fittizi superiore al 5% o 10% (sempre a seconda che si tratti di «dichiarazione fraudolenta», articolo 3, o «dichiarazione infedele», articolo 4) di quelli indicati in dichiarazione dei redditi, o comunque superiore a 1,5 milioni o 2 milioni di euro. Al netto del fatto che nella Legge gli importi sono ancora scritti in lire, e della complessità dei metodi di calcolo, chi in Italia evade il fisco in carcere ci va già e le soglie, non una secca ma quella risultante dal combinato disposto di due parametri, sono determinate proprio per colpire i "pesci grossi" nel mirino di Di Maio. Non c' è bisogno di cambiare proprio niente, basta applicare le regole vigenti. A meno che l' obiettivo non sia quello di fare solo propaganda e parlare di lotta all' evasione per nascondere la mancanza di contenuti della Legge di bilancio giallorossa o il fatto che deficit e debito aumentano. A sforare i paletti di Bruxelles sono bravi tutti, avrebbe potuto farlo anche Matteo Salvini, trattato come un demone proprio per questo motivo. Con la differenza che i governi di centrodestra fanno deficit per abbassare le tasse o fare investimenti, rilanciare l' economia, creare valore e benessere per tutti. I governi di sinistra distribuiscono mance a pioggia per avere consenso, infischiandosene del bene del Paese. di Paola Tommasi

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