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Pietro Senaldi commenta i sondaggi: "L'Italia ora vuole Salvini". Il vero umore del Paese

Marco Rossi
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Matteo Salvini ricorda il caffè Lavazza di un antico spot con Nino Manfredi: più lo mandano giù, e più lui si tira su. Il sondaggio divulgato ieri da Ipsos per il Corriere della Sera rivela che la Lega è tornata a quel 34,3% ottenuto nelle trionfali elezioni europee. È ai livelli precedenti alla crisi di governo, poco sotto il picco di luglio del 35%. Una popolarità riconquistata nonostante nel frattempo sia esploso il fenomeno Meloni, passata dal 6,5% di cinque mesi fa all'attuale 9,8%. I partiti della destra crescono senza rubarsi voti. Con l'aggiunta del 6,2% registrato da Forza Italia dopo che Berlusconi ha riconosciuto in piazza a Roma la leadership di Salvini, la coalizione di centrodestra vanta la maggioranza assoluta nel Paese. Senza dubbio il nuovo passo avanti della Lega è figlio in parte del boom registrato nel voto umbro, dove il partito ha raccolto il 37% dei consensi. È l'effetto traino del successo, che da noi funziona più che altrove, come insegna il genio Ennio Flaiano, per il quale gli italiani sono specialisti nell'andare in soccorso del vincitore. Lo dice anche il presidente di Ipsos, Nando Pagnoncelli, che cita l'aforisma del saggista abruzzese per illustrare il suo sondaggio. Sarà certo così, anche se bisogna riconoscere che l'exploit umbro arriva dopo una sconfitta politica che, stando al detto, avrebbe dovuto allontanare gli elettori e invece li ha aumentati. Anziché perderci in laboriose analisi, noi ci limitiamo a constatare che oggi la maggioranza degli italiani vuole essere governata dal centrodestra e vuole Salvini premier. Le due cose ormai sono indissolubilmente connesse e la sinistra ha poco da frignare e da gridare all'uomo nero o alla calata dei barbari. Anche perché il piagnisteo rosso ha un effetto boomerang. Zingaretti, Bersani, Renzi, Di Maio e Conte sono uniti solo dall'ossessione nei confronti dell'ex ministro dell'Interno e passano le giornate a insultarlo. Poiché però gli italiani per la maggior parte non li sopportano, ogni attacco che essi portano contro Salvini è un voto in più alla Lega. L' esecutivo giallorosso è nato, dichiaratamente, per fermare l'ex capo del Viminale. Ora che esso sta fallendo nella guida del Paese e disgusta i cittadini, per una legge fisica prima che politica, il leader cacciato riemerge più forte di prima. Sono due i pistoni che spingono in alto Salvini. Il primo è la pochezza del Conte bis. I leader dei due partiti principali che lo sorreggono, Di Maio e Zingaretti, non volevano questo governo e hanno idee divergenti sulla direzione da imprimergli. Il terzo leader, Renzi, che lo ha fatto nascere, ora lo critica tutti i giorni discostandosi rumorosamente dall'80% delle decisioni che esso prende. Il Matteo fiorentino non vuol essere confuso con grillini e dem, che disprezza almeno quanto li disprezza il Matteo milanese. Per approfondire leggi anche: Matteo Salvini, bomba sul governo Peggio della litigiosità interna, sono i provvedimenti che il governo prende nei rari casi in cui trova un'intesa. In tema di finanziaria gli italiani hanno capito poco di quel che li attende. Ma hanno intuito che, tra balzelli ideologici e antieconomici e taglio delle detrazioni fiscali a chi denuncia quello che guadagna, le tasse aumenteranno ancora. E sospettano anche che, attraverso la lotta al contante, causa spese per l'utilizzo di carte di credito e bancomat, arricchiremo le banche e pagheremo di più i prodotti, senza grandi vantaggi nella lotta all'evasione fiscale. Insomma, dopo aver assaggiato la ricetta giallorossa, il menù offerto dalla Lega pare manna che cade dal cielo. Il secondo pistone che spinge Salvini è Salvini stesso. È il feticcio della politica, suscita la sensazione di poter dare ordine e senso a un Paese privo dell'uno e dell'altro. Nello spettacolo di divisioni e confusione che M5S e Pd stanno offrendo, il capo della Lega emerge in quanto leader di un fronte compatto e capace di idee chiare. Fino all'agosto scorso, in tema di immigrazione si parlava di porti chiusi e regolarizzazioni, oggi si è tornati a sponsorizzare lo ius soli e l'accoglienza allargata. In tema fiscale il dibattito era su come ridurre le imposte e a chi estendere la flat tax, mentre adesso si discute su quali categorie e quali beni colpire. È cambiato l'umore del Paese, la sinistra ha preso il governo sostenendo che avrebbero liberato gli italiani dal barbaro padano ma ora i cittadini si sentono prede nel mirino. Risultato: la Lega vola e oggi è possibile quello che fino a due settimane fa era impensabile: la conquista dell'Emilia-Romagna, il fortino rosso che, come dice Bersani, non può cadere altrimenti significherebbe che davvero tutto è finito. Anche stavolta la sinistra frigna e punta il dito contro l'uomo del Papeete. Ma il Papeete è un'azienda romagnola di successo in uno dei business cardine della Regione. Il Papeete è in fondo all'autostrada lungo la quale gli emiliani si mettono in coda per ore ogni fine settimana. È un luogo di culto e divertimento per gli elettori ai quali il Pd chiede il voto, infangando i lidi romagnoli e chi li frequenta. Per fare coraggio ai propri beniamini, la stampa progressista ricorda ogni giorno che oggi le leadership si consumano in fretta e da mesi intona il de profundis a Salvini. Ma per stufare, bisogna aver regnato, cosa che Matteo non ha ancora fatto. I suoi elettori si sono convinti che il leader della Lega abbia fatto un passo indietro da vicepremier per farne due avanti e arrivare a conquistare democraticamente quei pieni poteri che ha rivendicato come obiettivo. La sinistra inorridisce e frigna, ma finché Salvini non li otterrà, non si libererà di lui. Piaccia o no, gli italiani vogliono provare il leghista come premier, anche se chi si professa paladino della democrazia fa di tutto perché la volontà popolare non si realizzi. di Pietro Senaldi

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