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Mes fatale, Conte e il governo cadono a gennaio. "Via alla crisi", chi gli darà il colpo di grazia

Giulio Bucchi
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Un Mès e poeu pù, tutti a casa. Mès con l' accento, come si dice e scrive nei dialetti del Nord ma tutti capiscono che significa trenta giorni. Mes starebbe in realtà per Meccanismo europeo di stabilità, ma l' acronimo ha in sé il ticchettio mortale di chi lo ha sventolato in Parlamento come salvezza dello Stato e invece porta nel suo significato recondito, a propria insaputa, la profezia della durata di questo governo. Giuseppe Conte, affiancato dal dem Roberto Gualtieri, ministro dell' Economia, aveva sposato con entusiasmo il presunto salva-Stati e salva-Banche. Persino Di Maio e Di Battista non se la sono bevuta. Con un guizzo sorprendente da non è mai troppo tardi hanno intuito che, come abbiamo dimostrato su Libero, sarebbe la dannazione dell' Italia, agnello sacrificale per salvare le banche tedesche travolte dai derivati.  GUARDA IL VIDEO - "Mamma mia che facce, Lombroso...". Salvini guarda in volto i responsabili del Mes Non c' è margine per riappiccicare code di paglia. Il Mes di dicembre sarà la dannazione di questo governo. Si voterà la legge di bilancio, almeno questo si farà. Un po' perché altrimenti è un casino che Mattarella non può digerire, ma soprattutto perché i giallo-rossi potranno almeno nascondersi dietro un effimero successo. Diranno: «Siamo nati per contenere l' Iva al 22 per cento, e ce l' abbiamo fatta, siamo stati di parola, votateci». Figuriamoci. Prenderanno una tranvata. I Cinque Stelle si spaccheranno, il Pd sarà sconfitto, Italia Viva sarà un nanetto, ma almeno chissà mai potrà giocarsela in futuro. Non sono in grado di tirare in lungo. Invece di crescere calano, non mangiano i voti perduti dai grillini. Tanto vale salvare il salvabile, e per Zingaretti è sempre meglio della bancarotta fraudolenta a cui pare destinato se cede su riforma del processo e prescrizione forcaiola e accetta di far bocciare il Mes dal Parlamento. In Europa lo scuoierebbero. L' Ilva minaccia anch' essa di rovesciare le sue colate incandescenti sul famoso ex partito operaio e sul M5S meridionalista fallito. Summit Ue - A proposito di riforma del Mes. L' 11 dicembre si raduna il summit europeo. Il premier, tale e quale il Conte Zio manzoniano, ci va con la promessa da marinaio di rinviare, sopire, spostare, far dimenticare, procrastinare. Missione che lui sa bene essere impossibile. Bugia tragicomica. Forse la sua cattedra universitaria è dubbia, ma di certo sa leggere. E allora qualcuno deve avergli messo sotto il naso la dichiarazione sprezzante verso i giochini italici del presidente dell' Eurogruppo (che comprende i 19 Paesi dove circola la moneta unica), Mario Centeno. Il quale intende congelargli la lingua prima che parli. «Il testo del Mes non cambia, tutti hanno dato l' accordo politico», ha detto. Mancano solo le traduzioni nelle varie lingue. Ha aggiunto: «Lavoriamo per la firma del Trattato all' inizio dell' anno prossimo». Cosa diranno Conte e il ministro Gualtieri al loro ritorno? Di Maio, prima sulla bocciatura del Mes e poi sul suo rinvio per cambiarlo, ci ha giocato la faccia. È vero che se l' è già cambiata un paio di volte o tre, ma non ha a disposizione altre maschere di bronzo o di tolla o di palta. Non essendo in grado di trascinare i deputati del suo partito verso una crisi che li condurrebbe diritti al reddito di cittadinanza, farà traballare il governo, ma non affonderà la nave, non ne ha la forza all' interno del Consiglio dei ministri. Insomma. Finale già scritto - Finirà che Conte non potrà rimangiarsi il sì al Mes. Allora Di Maio proporrà che - come nel caso della Tav - a votare sia il Parlamento in sede di ratifica. Il fatto è che mentre per la Tav il M5S fu sconfitto, stavolta a perdere sarebbe il Pd. E non può permetterselo. Ha venduto questo governo a Bruxelles come fedelissimo ai diktat dell' asse franco-tedesco, in cambio di concessioni di flessibilità. Macron, Merkel e Von Der Leyen accompagnati da Gentiloni in veste di comancheros scuoierebbero Zingaretti e i suoi fidi. Insomma, il Pd non può restare in una maggioranza che ne sputtani la ragione sociale europeista. Ecco allora come finirà. Legge di bilancio e poi basta così. Un mès e poeu pù. Un mese e poi più. Mercoledì prossimo scatterà il crono programma dell' addio. Il Mes risulterà inalterabile e di fatto approvato, Conte tornerà con la pochette in fiamme. Ma non saranno i grillini a volersene tornare al voto. Quanto all' ipotesi di un governo di centrodestra con i transfughi grillini al seguito di Gigino, cui pure la cosa piacerebbe, non è contemplata come ipotesi da Mattarella. Chi sfilerà l' architrave su cui si regge la sgarrupata baracca giallo-rossa? Sarà Nicola Zingaretti? Ci proverà, ma troverà l' opposizione di Dario Franceschini, il quale ha le sue ragioni che si chiamano ministero della Cultura e un bel po' di fifoni al seguito. E quando mai lui potrà tornare al governo se tra un mese dovrà fare a meno del suo amato premier, «con le giacche di sartoria, la colonia al limone, la lacca nera sui capelli, i gemelli ai polsi»(Francesco Merlo)? Personalmente scommetterei su Matteo Renzi, perché è sempre il più svelto a giocarsi gli scalpi altrui. E se si vota subito non potrà entrare in vigore la riduzione dei parlamentari da 945 a 600, e questo fa comodo a tutti, ma specialmente ai piccoli partiti. Se Renzi osa, gli altri gli rotoleranno dietro. Ma lui o un altro è uguale. Conta l' esito e sarà fatale. di Renato Farina

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