Cerca
Logo
Cerca
+

Gianluigi Paragone contro Luigi Di Maio: "Se la fa sotto, non vuole far votare la mia espulsione su Rousseau"

Caterina Spinelli
  • a
  • a
  • a

Gianluigi Paragone passa al contrattacco, che in questo caso vuol dire 'carte bollate'. Il senatore espulso dai 5 Stelle ha presentato ricorso contro il provvedimento disciplinare che lo ha estromesso dal Movimento: "Ho conferito il mandato al mio avvocato, Eugenio Piccolo. Inoltre Lorenzo Borrè (legale 'storico' degli epurati grillini) ci darà una mano molto volentieri. Ho fatto quello che dovevo e, visto che sollevo anche l'incompatibilità della formazione del collegio dei probiviri, voglio il rispetto delle regole fondamentali dei contenziosi. Siccome mi si contesta di aver negato la fiducia al governo, non possono essere membri del governo a giudicarmi".  Su Luigi Di Maio, invece, dice che "se la fa sotto". Paragone non ha dubbi: il leader del Movimento 5 Stelle ha paura di affrontare in rete la ratifica della sua cacciata da parte degli iscritti. "E fa bene - scrive il dissidente appena espulso sul Tempo -, per questo lo sfido: sottoponga la mia espulsione alla ratifica della rete, facciamo valere le ragioni della trasparenza e dell'onestà e vediamo come va a finire". D'altronde Gigino ha dimostrato di essere sbeffeggiato anche dagli Usa. "Di Maio sa benissimo di perdere quel poco di potere che gli resta appiccicato a una leadership sempre più esile. Finché sono io a definirlo il Nulla tutto sommato conta poco, ma se persino il segretario di Stato americano Mike Pompeo lo considera un Nulla, allora c'è un problema. Nel mio piccolo tenterò di dargli una mano e recuperare almeno l'onore e la faccia: sottoponga alla rete la mia espulsione senza ricorrere a scorciatoie e mi sfidi sul programma". Leggi anche: Di Maio nel bunker, mossa kamikaze con l'appoggio di Grillo e Casaleggio: "Via tutti" Paragone si appella ai suoi diritti: quello di essere giudicato da un giudice terzo, quello scritto nero su bianco sull'articolo 3 del Movimento (si obbliga a votare la fiducia, ogni qualvolta lo si renda necessario, ai governi presieduti da un presidente del consiglio dei ministri espressione del Movimento 5 Stelle), infine la relatività dell'obbligo di votare la fiducia. Di Maio dunque non scappi. Non era stato lui a inneggiare alla trasparenza?

Dai blog