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Luigi Di Maio, la guerra con le due fronde M5s, "i romani e i filo-Pd". Nel mirino c'è Patuanelli

Giulio Bucchi
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"Le due correnti stanno convergendo". Luigi Di Maio è preoccupato. Da quando ha lasciato la guida politica del Movimento 5 Stelle, per restare solo ministro degli Esteri, non c'è giorno in cui non abbia tenuto contatti telefonici con il suo successore, il reggente Vito Crimi. Secondo un retroscena della Stampa, teme che la "fazione romana" dei 5 Stelle, quella di Paola Taverna e Roberta Lombardi, riesca a portare Crimi dalla propria parte. Ma c'è un altro fronte aperto: Di Maio vuole "isolare la corrente di governisti filo-Pd che ha nel ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, il suo punto di riferimento", spiega ancora il quotidiano torinese. "Dobbiamo mostrargli che la nostra linea non cambia. Facciamo attenzione". Il problema, appunto, è che le due fazioni stanno saldando i loro interessi, con un'apertura elettorale convinta ai democratici fin dalle imminenti regionali in Campania, Liguria e Marche. Una intesa preludio di quella in vista degli Stati generali di marzo, che potrebbe portare al controllo quasi totale dell'organo collegiale pentastellato.   Leggi anche: "Vedremo chi sta con me". Di Battista, piano svelato: così vuole distruggere il M5s Il segnale della controffensiva di Di Maio sarebbe l'espulsione-lampo di Francesca Frenquellucci, consigliera grillina di Pesaro a cui il sindaco Pd Matteo Ricci ha offerto una poltrona da assessore (accettata). Il guaio è che al di là della pancia parlamentare, a pesare sono anche le posizioni di molti big, sempre più vicini al Pd, come i ministri Riccardo Fraccaro e Federico D'Incà. Ma è Patuanelli, conclude la Stampa, "l'uomo nel mirino". "Se decide di ricevere al suo ministero Gianluigi Paragone, uno che abbiamo appena espulso - è la riflessione velenosa di Carlo Sibilia, vicino a Di Maio -, vuol dire che tutto a posto con Patuanelli non è".

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