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Senato, salta l'emendamento anti-sprechi sugli affitti dei palazzi del potere. Marcia indietro alla Camera

L'emendamento Fraccaro (M5S) permette allo Stato di recedere dai contratti di locazione troppo esosi per i "palazzi del potere". Guerra di emendamenti tra Palazzo Madama e Montecitorio

Giulio Bucchi
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Un pasticcio da antologia sui palazzi della Casta affittati a peso d'oro. Sabato la Camera, con un emendamento firmato da Pd, M5S, Scelta civica, Lega Nord, Autonomisti e Forza Italia, ha di fatto sconfessato quanto votato dal Senato poche ore prima, che a sua volta sconfessava quanto votato alla Camera una settimana fa. Colpa del rilievo dato dalla stampa a quella furbata che blindava i contratti di affitto dei "palazzi del Potere", praticamente impossibili da annullare anche laddove lo spreco fosse sotto gli occhi di tutti. Blitz e marcia indietro - Il guaio che ha costretto la Camera a una precipitosa marcia indietro l'aveva combinato la senatrice Pd Magda Zanoni, il cui emendamento avrebbe "consentito" allo Stato italiano di continuare a pagare affitti milionari (roba da 444 milioni di euro in 18 anni sborsati dalla Camera solo per 4 palazzi) per i "Palazzi del Potere", gli uffici degli onorevoli. Lo scorso 13 dicembre, un emendamento alla "manovrina" presentato dal deputato grillino Massimo Fraccaro era stato approvato dal Senato "per sbaglio". Quell'emendamento prevedeva che "le amministrazioni dello Stato, le Regioni e gli enti locali, nonché gli organi costituzionali nell'ambito della propria autonomia, hanno facoltà di recedere, entro il 31 dicembre 2014, dai contratti di locazione di immobili in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Il termine di preavviso per l'esercizio del diritto di recesso è stabilito in trenta giorni, anche in deroga a eventuali clausole difformi previste dal contratto". Una norma che permette allo Stato di risparmiare una bella manciata di milioni di euro operando una "spending review" sugli immobili presi in affitto. Ma il Senato, e il Parlamento in generale, a quegli immobili presi in affitto e spesso pagati a peso d'oro ci tengono eccome. E in appena 6 giorni, alla faccia delle lungaggini burocratiche e dei complessi iter burocratici, ecco che a Palazzo Madama la maggioranza ci mette la toppa votando la "contro-modifica".  Palazzi a peso d'oro - Vengono salvati, tra gli altri, i Palazzi degli uffici dei deputati affittati, spiega il Corriere della Sera, con il meccanismo del global service all'immobiliarista Sergio Scarpellini. Con lui lo Stato fa affari fin dagli Anni 90: la sua società Milano 90 mette a disposizione di Montecitorio quattro immobili con servizi a oltre 500 euro annui al metro quadrato. Totale in 18 anni, come detto, di 444 milioni buttati letteralmente al vento. Di quei 4 affitti, uno è stato annullato. Gli altri tre continuano invece a pesare per 26 milioni di euro l'anno solo in canone d'affitto. Con l'emendamento Fraccaro si potrebbe recedere senza incorrere in penali, ma la legge votata al Senato "scongiurava" il rischio. Uno scandalo troppo grande, però, in tempi di spending review annunciate ogni giorno. E così alla Camera è arrivato l'emendamento Giachetti a riportare la legge sui binari iniziali, virtuosi. Sempre che al Senato non ci scappi un'altra sorpresa.

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