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La Telefonata, Renzi a Belpietro: "Entro il 15 febbraio riforma del Senato"

Il segretario Pd ha paura di essere "mollato" da Berlusconi dopo l'approvazione dell'Italicum. E manda un avvertimento all'alleato: "Niente scherzi"

Matteo Legnani
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Certo, c'è la nuova legge elettorale che va al voto alla Camera dei deputati. Certo, c'è il pericolo dei franchi tiratori, del fuoco amico da una parte del partito. Ma. non bastassero le insidie dell'oggi, Matteo Renzi guarda già a quelle di domani: alla riforma del Senato. Perchè il leader Pd sa che la sua riforma elettorale sarà quasi carta straccia se poi non si procederà a trasformare Palazzo Madama da un doppione di Montecitorio in "camera delle autonomie". E questa mattina durante "La Telefonata" con Maurizio Belpietro su Canale 5 ha fissato una data: il 15 febbraio. Un impegno preso coi cittadini, ma soprattutto un segnale lanciato al suo "alleato" di questi giorni sulla strada delle riforme, Silvio Berlusconi. Perchè il segretario Pd ha una grossa paura: che dopo aver incassato l'Italicum, il leader di Forza Italia possa "sfilarsi" dal lavoro sulle riforme e lasciarlo a combattere da solo (contro l'ala del partito che gli vuole male) sui temi della riforma del Senato, del titolo quinto e dei tagli ai costi della politica. Per la credibilità di Renzi sarebbe una botta tremenda.              La paura di Renzi - Anche in questa chiave, come scrive oggi sul Corriere della Sera Francesco Verderami, la trattativa sui punti specifici della riforma elettorale sarebbe stata condotta da Renzi con grande cautela, senza i consueti toni da guascone. E così si spiegeherebbe la soglia di sbarramento col decimale (4,5%) per l'ingresso in Parlamento dei piccoli partiti, l'apertura sul "salva-Lega", la concessione del 35% (e non del 40 come avrebbe voluto lui) come soglia per aver diritto al premio di maggioranza. Punti frutto di una ricerca esasperata dell'intesa, dell'accordo con Berlusconi, evitando qualsiasi strappo o irrigidimento. Perchè la partita, anche dopo il voto di oggi alla Camera sull'Italicum, sarà ancora ben lontana dal triplice fischio finale.

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