Gianluigi Paragone: gli 80 euro non danno lavoro ai disoccupati

di Andrea Tempestinidomenica 20 aprile 2014
Gianluigi Paragone: gli 80 euro non danno lavoro ai disoccupati
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I casi sono due: o quelli di prima erano dei bidoni assoluti oppure Matteo Renzi è un fenomeno interplanetario e quindi bisogna levarsi il cappello. Sembra infatti che il premier stia rivoluzionando l’impero di gomma della politica, della burocrazia e di tutto quanto prima andava storto. Soprattutto sembra che lo stia facendo con grande facilità. Non sorprende pertanto che i sondaggi lo premino con un abbondante 35%, quota che se si materializzasse nell’urna sarebbe un record assoluto per il partito democratico. Torniamo dunque al punto di cui sopra: siamo governati da un nuovo Lorenzo il Magnifico oppure c’è dell’altro? Diciamo che l’eredità lo agevola: la consunzione del centrodestra berlusconiano, l’austerità ottusa di Monti e il grigiore di Enrico Letta sono lo scenario ideale per muoversi. Su questo terreno amico Renzi sta scorrazzando facendo vedere il meglio del proprio repertorio politico: velocità di lingua, senso di sicurezza («Abbiamo sconfitto i gufi») e feeling col sentimento popolare ostile ai privilegi delle caste. Gli ottanta euro promessi alla fine ci saranno. Si può criticare la scelta politica (per stimolare i consumi, io per esempio avrei battuto altre strade) ma non il raggiungimento della promessa: quei soldi nel portafoglio di alcuni italiani ci saranno. Le coperture? Ecco, qui Renzi si è dimostrato tanto abile quanto cinico. «Le coperture ci sono, senza aumento di tasse e senza tagli alla Sanità», ha commentato rispedendo al mittente le critiche di «gufi» e «rosiconi». Il ragazzino con la vocazione al maggioritario assolutissimo (io ho sempre ragione, io sono bravo, io risolvo i problemi. Gli altri sono sfigati e incapaci…) col suo modo di fare molto spigliato e sicuro di sé, è bravo a far passare il messaggio positivo ma non riuscirà a nascondere del tutto che aumenti fiscali ci saranno, che i tagli alla sanità o ai servizi li faranno: non saranno opera del governo ma delle Regioni, su ordine del governo. A Renzi questo non interessa, perché quando i governatori alzeranno la voce, il premier ricorderà agli italiani rimborsi, scontrini e sprechi che inchiodano tutte le Regioni sulla croce della vergogna. «Chi vi dice di tagliare i servizi? Tagliate le cose che vi riguardano e lasciate intatti i servizi». E quindi Renzi la sfangherà anche in quel caso, pur sapendo benissimo che le due questioni sono separate. Lo stesso schema, il premier lo impiega anche contro i grandi burocrati di Stato (dai manager pubblici ai magistrati) messi alle corde sulla riduzione degli stipendi. O contro le banche con la decisione - contestatissima dall’Abi - di alzare le tasse legate alla rivalutazione delle quote di Bankitalia. O sulle auto blu: «Non più di cinque per ministero; i sottosegretari vadano a piedi o in taxi». Non so se il premier riuscirà a mantenere questa severità fino in fondo oppure farà finta di subire il pressing del parlamento. Vedremo.  L’ostilità verso le Caste da parte dell’opinione pubblica è talmente spessa che Renzi ha gioco facile ad andare a bersaglio tutte le volte. La velocità di comunicazione, l’esattezza delle campagne e soprattutto l’entusiasmo che ci mette rispetto al mortorio montiano e lettiano lo premiano, al di là dei suoi meriti di premier. Già, perché sul grande tema dell’economia reale i guizzi del comunicatore non bastano. Il dato sui lavoratori in cassa integrazione non scomparirà dentro il cappello magico. La Cgil ha squadernato numeri che fanno paura: oltre alla percentuale impressionante di disoccupazione, 520mila lavoratori sono coinvolti nella cassa integrazione. Come tutti sanno, molti di questi lavoratori non torneranno nelle loro fabbriche, perciò aumenterà il numero di disoccupati. Ai senza lavoro le illusioni sulle auto blu non basteranno. Lì serviranno interventi finanziari e visione politica. Il Jobs Act - espressione che già nel suo titolo inglese presuppone confusione di idee - senza un fortissimo intervento pubblico (ribadisco: pubblico; cioè pagato dallo Stato e non dagli imprenditori con aumento di tasse) a suo sostegno non avrà nulla di riformista. Su impresa e lavoro Renzi si giocherà tutto. di Gianluigi Paragone