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Silvio Berlusconi a Senaldi, addio ribaltoni: "Dilettanti al governo, ci saranno altri imprenditori suicidi. I disoccupati col reddito a lavorare nei campi"

Pietro Senaldi
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Con questa intervista in esclusiva a Libero, il presidente Silvio Berlusconi fuga ogni dubbio su eventuali vicinanze di Forza Italia al governo, paventate da indiscrezioni giornalistiche. La linea del Cavaliere è inequivocabile: l' emergenza sanitaria del Paese si sta trasformando in un disastro economico. Il governo non pare all' altezza della situazione e l' opposizione è pronta a fornire consigli e idee per evitare la crisi, sempre che a Palazzo Chigi siano pronti ad ascoltarli. Il centrodestra, e Berlusconi, da sempre si fanno vanto di rappresentare la parte produttiva del Paese. Dalla Provenza, dove sta trascorrendo il periodo di isolamento nella casa della figlia Marina, il leader di Forza Italia, alla vigilia del decreto governativo Aprile, poi ribattezzato Maggio e ora Rilancio, dice come appare l' Italia.

Presidente, come ha trascorso questi mesi di quarantena?  
«La mia giornata qui in Provenza in realtà non è molto cambiata rispetto a quelle di Roma o di Arcore, salvo il fatto di non poter incontrare de visu le persone».
Come trascorre il tempo? 
«Lavoro almeno 12 ore al giorno, leggo, scrivo, telefono e cerco anche di tenermi in forma. Nulla di molto diverso da quello che fanno tutti gli italiani costretti a casa». Immagino che i suoi due nipoti, Gabriele e Silvio, i figli di Marina, non avessero mai passato così tanto tempo con il loro nonno: com' è andata con loro? 
«Forse l' unico aspetto positivo nella grande tragedia che ha colpito l' umanità intera è stata la possibilità di dedicare più tempo agli affetti familiari. Con i miei nipoti ho un rapporto molto affettuoso e sono davvero fiero di come stanno crescendo. Sento al telefono mattina e sera i miei figli, sento i miei amici e i miei collaboratori, anche per assicurarmi che stiano tutti bene. Purtroppo ricevo anche molte cattive notizie, soprattutto da conoscenti in grande difficoltà: persone che hanno perso il lavoro, professionisti, commercianti e imprenditori che pensano addirittura di chiudere».
Con i suoi nipoti avrà potuto verificare il funzionamento della didattica a distanza. Pensa che sia meglio che si ritorni a scuola quanto prima? 
«Sono cose molto diverse. La didattica a distanza è una soluzione d' emergenza, non è certo un' alternativa alla scuola. Per bambini e ragazzi non è formativo stare chiusi in casa davanti a uno schermo e la qualità dell' insegnamento inevitabilmente ne risente. D' altronde, le scuole sono uno dei luoghi più rischiosi da riaprire, potrebbero diventare focolai di contagio. È un tema molto difficile che pone anche seri problemi di organizzazione alle famiglie».
Ha sperimentato anche lei l' home working e i nuovi mezzi di comunicazione? 
«Skype, Zoom, Webex e non solo. Credo di avere sperimentato tutte le piattaforme utili e disponibili per riunirsi e lavorare a distanza».
La quarantena ha riportato gli italiani davanti al televisore: per la tv è una seconda giovinezza e una rivincita sui social network? 
«Ho sempre pensato che televisioni e social network siano strumenti entrambi essenziali, con funzioni diverse. La tv generalista, se fatta bene, oltre ai programmi di intrattenimento assicura un flusso di informazioni ordinato, spiegato, gestito da professionisti. La rete è un formidabile strumento di libertà, ma nessuno garantisce la veridicità delle notizie che vi circolano».
Per l' economia italiana si prevedono scenari foschi: c' è qualcosa che l' ha colpita in particolare? 
«Mi ha riempito il cuore di dolore e di angoscia la notizia dell' imprenditore napoletano suicida, per lui, i suoi familiari e i suoi collaboratori. Per un imprenditore l' azienda non è solo una fonte di reddito, è una ragione di vita, è il frutto dei sacrifici, dell' impegno, della dedizione appassionata sua e della sua famiglia nelle generazioni. Un vero imprenditore sa del resto che i dipendenti - io preferisco chiamarli collaboratori - sono il patrimonio più prezioso di un' azienda: sono compagni di strada con i quali si lavora ogni giorno per realizzare prodotti o servizi di qualità. Chiudere l' azienda, lasciare a casa i collaboratori, per molti significa tradire la propria missione. Essere costretti a farlo non per propria colpa, ma per un evento sfortunato esterno, rappresenta la più amara delle ingiustizie».
Che idea ha della vicenda? 
« Da imprenditore, la capisco perfettamente. Per questo lo Stato ci deve essere, in una situazione come questa deve farsi sentire al fianco delle imprese. Se questo non accadrà, tragedie come quella di Napoli - e la tragedia parallela di tanti padri e madri di famiglia lasciati a casa - non saranno colpa del virus, ma dei ritardi e delle omissioni di chi avrebbe dovuto intervenire»
Cosa non sta facendo il governo per l' economia? 
«L' economia, oltre a meno tasse e meno burocrazia, ha bisogno di una serie immediata di interventi che immettano liquidità nel sistema: contributi a fondo perduto e prestiti agevolati e garantiti per le aziende e le persone in difficoltà, incentivi fiscali, pagamento immediato dei debiti della Pubblica Amministrazione, sospensione delle scadenze tributarie, condizioni agevolate per risolvere le pendenze con il fisco. Il governo finora è stato sempre in ritardo e ha fatto troppo poco. Adesso non è il momento delle polemiche, ma spero che da qui in avanti vengano presi finalmente in considerazione i contributi costruttivi dell' opposizione»
Assistenzialismo (più promesso che dato) e poco aiuto alle imprese: il fatto che il virus sia capitato con il governo più a sinistra della storia italiana è una tragedia nella tragedia? 
«Il governo delle quattro sinistre è lontanissimo - direi antitetico - rispetto alla nostra visione liberale e cristiana, ai nostri valori, ai nostri programmi. È anche un governo manchevole sul piano delle competenze e dell' esperienza, non scelto dagli elettori e non rappresentativo della maggioranza degli italiani. Ma è il governo in carica, e nell' emergenza dobbiamo offrire il nostro contributo al governo che c' è. Per la ricostruzione tuttavia occorre cambiare strada: guai se - come vorrebbe la sinistra - si prendesse a pretesto l' emergenza per un nuovo statalismo, nuove nazionalizzazioni, un ruolo dirigista dello Stato nell' economia. Quando sento esponenti di primo piano del Pd teorizzare che lo Stato debba entrare nella gestione delle aziende private che vengono aiutate, mi preoccupo davvero».
Italiani e medici hanno fatto il loro lavoro, a casa e in ospedale. Ma l' esecutivo si è messo in quarantena. Mascherine, guanti, aiuti, test del sangue, percorsi differenziati per i malati di coronavirus: al momento non c' è nulla e ripartiamo alla spera in Dio. Che idea si è fatto della ripresa? 
«L' emergenza sta dimostrando che non si governa un grande Paese, in un momento drammatico, con il dilettantismo, con la retorica dell'"uno vale uno", con persone che non hanno mai amministrato nulla e non hanno mai praticato un lavoro serio in vita loro. Ci vuole esperienza di vita, di lavoro, di impresa, di mercato, di governo. Quella che noi offriamo, e che manca ai Cinque Stelle e per gran parte al governo Conte».
Il virus girava da dicembre, a gennaio è stata dichiarata l' emergenza, ma nessuno ha fatto nulla fino al paziente 1. Secondo lei siamo arrivati in ritardo anche nella fase 1, oltre che nella fase 2, com' è evidente? 
«Certamente si è atteso troppo a rispondere. In parte ciò dipende dal colpevole ritardo con cui il governo cinese e anche l' Organizzazione Mondiale della Sanità.hanno diffuso notizie attendibili, si sono perse settimane preziose. Ma altrettante ne abbiamo perse per la retorica di una certa sinistra: quando le regioni del Nord chiedevano la quarantena non per i cinesi, ma per chi avesse viaggiato in Cina, si è parlato addirittura di razzismo. Come se il problema fosse il razzismo e non il virus che cominciava a circolare».
Il premier ha esautorato anche la sua maggioranza, oltre all' opposizione, sostituendo il Parlamento con le commissioni di esperti. Secondo lei servono? 
«La maggioranza è così piena di contraddizioni da non poter fare altro. Ma questa non è una buona notizia per l' Italia. Anche perché i tecnici servono, eccome. E vanno ascoltati non solo quando fanno comodo. Ma dev' essere la politica a fare la sintesi».
Avrebbe mandato i percettori di reddito di cittadinanza a lavorare nei campi? 
«Perché no? Il reddito di cittadinanza è uno strumento sbagliato, ma fino a quando esiste è giusto che chi lo percepisce si renda utile, se è in grado di farlo».
L' Europa sta perdendo l' occasione del virus per scelte drastiche e unitarie in campo di bilancio, fisco, immigrazione. Da europarlamentare non pensa che il virus stia ammazzando la Ue? 
«Settant' anni fa, il 9 maggio 1950, Robert Schuman pronunciava il famoso discorso nel quale per la prima volta si delineava l' idea di una unione economica e in prospettiva anche politica dell' Europa. Schuman, con Adenauer e De Gasperi, è uno degli statisti cattolico-liberali ai quali si deve l' idea d' Europa nella quale anch' io credo profondamente. Un' Europa solidale, basata sui valori comuni della civiltà occidentale. Un' Europa che fa molta fatica ad affermarsi, per colpa dei particolarismi, dei sovranismi, della miopia di parte delle classi dirigenti».
Grandi principi presidente, ma i fatti? 
«Sarebbe ingeneroso dire che di fronte a quest' emergenza l' Europa non ci sia. Nonostante alcune difficoltà inziali, oggi l' Europa sta mettendo in campo, grazie anche al nostro lavoro, risorse fondamentali soprattutto a favore degli Stati più deboli come l' Italia. Dal fondo Sure per la cassa integrazione, agli stanziamenti della Bei, al Mes senza condizioni. Per non parlare della garanzia della Bce sul debito pubblico dei Paesi in difficoltà. Naturalmente è decisivo quello che accadrà con la Recovery Initiative, che dovrà essere adeguata e comprendere una quota importante di finanziamenti a fondo perduto. L' Europa oggi per noi, fra garanzie, prestiti, investimenti e contributi a fondo perduto significa centinaia di miliardi di euro. Non possiamo certo immaginare di farne a meno, come forse è negli intendimenti di una parte dei Cinque Stelle».
Il suo Monza è stato fermato dalla pandemia: il calcio deve ripartire, come? 
«Io amo il calcio, che è stato una parte importante della mia vita. Sono il presidente di club che ha vinto più titoli nella storia del calcio mondiale. Ma oggi, mentre tanti italiani ancora muoiono, e tanti ancora soffrono negli ospedali, mentre tante aziende rischiano di fallire e tanti posti di lavoro di andare perduti, mentre ancora sono chiuse le scuole e le università, la ripartenza del calcio non mi sembra un tema così urgente. Anche se è necessario tutelarlo e il governo non sta facendo abbastanza per tutto il mondo dello sport che è importante sia per un sano stile di vita sia per le migliaia di posti di lavoro che garantisce».

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