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Teresa Bellanova, la stortura della sanatoria per i migranti: non emerge il lavoro nero ma salgono i disoccupati

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La sanatoria voluta con le lacrime dalla Ministra Teresa Bellanova si sta rivelando un fallimento, peraltro annunciato. Non dubitiamo, conoscendone la storia, dei buoni propositi della Ministra dell'Agricoltura, ma quando si governa non bastano i buoni sentimenti. L'andamento delle domande per la regolarizzazione dei rapporti di lavoro ricalca gli esiti della sanatoria del 2012, promossa dal governo Monti, e che ha ispirato l'attuale impianto normativo. L'87% delle domande di regolarizzazione perfezionate, circa 98 su 112mila, riguardano rapporti di lavoro domestico destinati a immigrati provenienti in gran parte da Bangladesh, Marocco, Albania, Cina, India, Pakistan, Egitto e altri paesi centroafricani. 

 

Persone che col lavoro domestico hanno poco a che fare. Viceversa, la componente delle domande provenienti dai Paesi storicamente più significativi per colf e badanti, quelli dell'est Europa, Perù e Filippine è solo il 24% circa. Di contro, le domande di regolarizzazione per il settore agricolo, cioè l'obiettivo della sanatoria, per compensare le carenze di manodopera legate al mancato ingresso dei lavoratori stagionali comunitari, sono solo 14.251. Numeri lontani dall'obiettivo del Governo di oltre 200mila regolarizzazioni, tant' è che lo stesso governo ha disposto una proroga di un mese per presentar le domande. Ma oltre al dato quantitativo, l'efficacia del provvedimento dovrebbe essere valutata rispetto agli obiettivi che ci sia era posti: oltre che a reperire lavoratori stagionali, si voleva sottrarre questi irregolari dallo sfruttamento di mafie e caporali e ridurre i rischi sanitari di questi "invisibili". 

Su quest' ultimo obiettivo il dispositivo governativo ha rinviato il tema alla potestà delle regioni. Il fallimento dei primi due obiettivi era già stato preannunciato dalle associazioni degli imprenditori agricoli. Un esito scontato in settori caratterizzati da rapporti di lavoro di breve durata e con una elevata mobilità del lavoro incompatibili coi tempi delle sanatorie e non convenienti per i datori di lavoro. Inoltre nel lavoro stagionale agricolo le regolarizzazioni sono ostacolate dai "caporali" delle medesime etnie dei lavoratori sfruttati che intermediano le loro prestazioni. Una condizione che dovrebbe essere repressa con massicci interventi delle autorità ispettive, non certo con i condoni. La morale è che gli obiettivi governativi sono falliti perché è provato che le sanatorie non servono a far emergere lavoro irregolare ma sono utilizzate solo per avere permessi di soggiorno. Il rilascio dei permessi di soggiorno indipendentemente dalla condizione effettiva di un rapporto di lavoro comporta un aumento degli immigrati in cerca di lavoro. Situazione che non ha creato particolari problemi per le sanatorie varate negli anni di crescita dell'economia, del 2002 e 2006. Ma che nei periodi di grave crisi economica, come è avvenuto con le sanatorie del 2009 e del 2012, hanno contribuito all'aumento del tasso di disoccupazione degli immigrati, dal 7 al 17%, di quello degli inattivi e delle persone a carico per via della contemporanea crescita della popolazione dovuta ai ricongiungimenti familiari. 

 

La situazione descritta e gli effetti della crisi economica, spiegano il progressivo impoverimento dei nuclei familiari composti da persone di origine straniera nel corso dell'ultimo decennio; l'Istat stima la condizione di povertà assoluta per il 30% degli immigrati e addirittura il 66% sommando quelle a forte rischio impoverimento. Per questo è incomprensibile come in Italia, di fronte a tali evidenze, resti prevalente una narrazione del fenomeno migratorio basata su tre assunti infondati: che esista una domanda di lavoro con bassa qualificazione eccedente l'offerta disponibile; che tale domanda possa essere soddisfatta solo con l'ingresso di altri immigrati, e che tutto questo sia fondamentale un riequilibrio demografico e la sostenibilità delle prestazioni sociali. Narrazioni infondate che generano politiche sbagliate che peggiorano le condizioni di lavoro e di vita degli immigrati. 

*Centro Studi Itinerari Previdenziali 

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