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Scuola e coronavirus, è caos Azzolina: trasporti, febbre, mascherine e "nuovi congiunti", il governo crea focolai?

Fausto Carioti
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Cosa accade se, all'improvviso, si scopre che una classe di prima media è senza professore? Come è possibile, senza violare le regole sul distanziamento, prestare la necessaria assistenza a un alunno cieco? Alcuni problemi della scuola, come quelli legati ai trasporti, sono noti, per quanto tuttora insoluti. Altri popolano gli incubi dei presidi, ma a 18 giorni dalla riapertura nemmeno sono stati presi in considerazione dal governo. L'unica certezza è che la Dad, la controversa didattica a distanza protagonista della scorsa primavera, potrà essere usata come refugium peccatorum esclusivamente negli istituti superiori: gli alunni sotto i 14 anni la rivedranno solo nello sciagurato caso di una nuova serrata totale. Tutti in classe, quindi. Anche se l'aula non c'è, i banchi mancano e non si sa come arrivare a scuola.

 

 


1) Trasporti. Sono il primo problema. È chiaro che, con la riapertura delle scuole, il distanziamento all'interno degli autobus e degli scuolabus andrà a farsi benedire. Siamo già alle deroghe, infatti: si pensa di equiparare gli alunni di una stessa classe ai congiunti familiari, di rinunciare alla distanza minima di un metro durante il tragitto, di consentire l'affollamento del mezzo se lo spostamento dura meno di 15 minuti. Si ignora cosa potrebbe accadere se, a causa di un ingorgo, il viaggio si protraesse oltre il quarto d'ora: si tira a sorte e si fa scendere chi perde?

2) Temperatura. La regola nazionale secondo cui il controllo della temperatura dei ragazzi deve essere fatto a casa è «assurda e totalmente inefficace»: il governatore campano Vincenzo De Luca lo ha detto (infatti è corso ad acquistare rilevatori da assegnare agli istituti, e lo stesso ha fatto il presidente della provincia autonoma di Trento), i presidi di tutta Italia lo pensano. Alternative? Nessuna. Lucia Azzolina e Domenico Arcuri non ne hanno previste. E dire che tempo ne hanno avuto. Per il Comitato tecnico-scientifico (Cts), però, va bene così. Per ora.

Compagni congiunti?

3) Mascherine. A scuola vanno indossate o no? La risposta è boh. Al momento sono obbligatorie negli spazi comuni e quando si è seduti al banco, qualora non sia possibile il distanziamento di un metro. Ma è una soluzione ritenuta inattuabile da molti medici, oltre che dai governatori di regione. E in palestra, quando si farà ginnastica correndo e sudando? Terreno inesplorato. Si attende un nuovo documento del Cts, perché quelli prodotti finora sono inutili.

4) Aule e paritarie. Quasi ovunque mancano spazi e personale per garantire il distanziamento previsto. Una soluzione ci sarebbe: i "patti educativi" fra le scuole statali e le paritarie, che hanno edifici e dipendenti, consentirebbero una ripartenza sicura in moltissime zone. Bisognerebbe però fare un accordo con gli istituti privati, e Giuseppe Conte e Azzolina non ne hanno intenzione. L'ideologia statalista è più forte del diritto all'istruzione.

5) Banchi monoposto. Se tutto andrà bene bisognerà attendere la fine di ottobre perché ogni istituto abbia la fornitura promessa da Arcuri. Un mese netto di ritardo sulla tabella prevista inizialmente. Nel frattempo? I presidi si arrangino per trovare qualche soluzione.

6) Responsabilità. Se si ammala di coronavirus un docente o un bidello, chi è responsabile dal punto di vista penale? Il preside, sempre lui. Ma i direttori d'istituto non ci stanno a pagare per le decisioni (anzi, le indecisioni) altrui. Le loro associazioni chiedono quindi una riforma della legge, che li esoneri quantomeno dalla responsabilità per colpa lieve causata da imperizia. Silenzio dal governo.

7) Sostituzioni. E se al mattino si scopre che manca un professore? Niente di più facile, giacché le norme prevedono che resti a casa chiunque abbia «temperatura corporea al di sopra di 37.5° C o un sintomo compatibile con Covid-19», che può essere anche una semplice tosse insistente. Sinora la regola è stata quella di distribuire i ragazzi nelle altre classi. Adesso, però, gli obblighi di distanziamento impediscono di farlo. I presidi hanno chiesto lumi al ministero: che facciamo in questi casi? Buio totale.

8) Spostamenti. Il protocollo dell'Istituto superiore di sanità obbliga i presidi a tenere un «registro degli alunni e del personale», nel quale siano annotati anche «gli spostamenti provvisori e/o eccezionali di studenti fra le classi». Ogni uscita, quindi, dovrà essere documentata. Un ulteriore carico di burocrazia e di responsabilità sulle spalle di chi già ne ha troppi, che però potrà essere facilmente evitato: basterà restare chiusi in aula. Altro che lezioni in teatro, nell'orto e in giro per il quartiere, come andava dicendo la Azzolina.

Test disertati

9) Disabilità. Nulla è stato pensato per gli alunni con disabilità. Durante il trasporto scolastico molti di questi ragazzi hanno bisogno di assistenza particolare, servirebbero servizi potenziati. E per alcuni di loro le regole di distanziamento sono ancora più pesanti: pensiamo a cosa può significare per un bambino cieco l'impossibilità di avere un rapporto tattile con gli insegnanti e i compagni di classe. Ma non è un problema per la Azzolina, la quale, dovendo stilare il protocollo sulla sicurezza nelle scuole, si è rivolta ai soliti sindacati, ignorando le associazioni della disabilità.

10) Esami sierologici. Iniziati lunedì, sono volontari per i docenti e il personale tecnico e amministrativo. I primi dati dicono che l'adesione è a macchia di leopardo: in certi istituti li fanno tutti, in altri in pochi. Un terzo degli insegnanti, secondo i sindacati dei medici di famiglia, non sarebbe intenzionato a fare il test. Alcune Asl sono attrezzate e dispongono dei kit necessari; altre, in particolare al Sud, no. Non bastasse, ci sono ambulatori che fanno pagare l'esame, teoricamente gratuito. Un altro trionfo dell'anarchia, insomma.

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