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Gianluigi Paragone contro il M5s: "Ormai sono dei poltronari". E chiama Alessandro Di Battista...

Antonio Rapisarda
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«Gli ha tirato una bella legnata...». Gianluigi Paragone, leader di ItalExit ed ex grillino che ha condiviso con Alessandro Di Battista la ragione sociale del "fu" M5S, non usa mezzi termini per commentare la porta sbattuta in faccia di "Dibba" ai suoi ex sodali. «Alessandro ha dimostrato di essere semplicemente coerente. Eppure gli danno ancora del Peter pan, del sognatore, quando chi dovrebbe essere spernacchiato per aver tradito un popolo oggi più che mai sono Grillo, Di Maio e Patuanelli...».

Di Battista si è domandato, appena uscita la squadra dei ministri, se ne valesse la pena.

«Per i poltronari Di Maio e Patuanelli sicuramente, per il Paese no. Hanno vinto le logiche di spartizione: così Draghi è sicuro di avere i numeri per andare al Quirinale».

Qualche mese fa lei commentava: Di Battista non farà la scissione, è troppo innamorato dei 5 Stelle. L'amore, a quanto pare, è finito.

«Alessandro, secondo me, tecnicamente non è uscito dal M5s. Ha detto "io non parlo più per il Movimento e questo non parla più a nome mio". Ma non è uscito, non è stato espulso come me. È come se fosse ancora lì però sta fuori, non partecipa, non si riconosce più».

 

 

 

Un passo di lato, niente di più?

«Non vedo un nuovo partito per Alessandro. O che voglia cominciare nuovi percorsi politici».

In attesa, magari, che Giuseppe Conte tenti la scalata interna?

«Capisco che Draghi non va bene perché rappresenta i poteri forti. Ma non è che Conte ai poteri forti gli avesse messo due dita negli occhi. I soldi per le mascherine ad Fca glieli ha dati. Non mi sembra, poi, che abbia revocato alcunché ai Benetton. E non mi sembra nemmeno che sull'Ilva possa essere ricordato come un campione della transizione ecologica».

Dibba ha avuto stomaco. Ma la "grande ammucchiata" con Draghi dopo aver detto «mai con i vecchi partiti» è stato forse troppo.

«Sì, ma ripeto: la grande ammucchiata è solo il terzo passaggio di due momenti diversi. Il M5s ha governato con la Lega e poi con tutto il centrosinistra. Andare con quasi tutto il resto del Parlamento è stata una conseguenza...».

A pensarla come Di Battista è una base ampia. Grillo ha dovuto rinviare il voto su Rousseau e trattare con Casaleggio sul quesito. Anche l'Elevato sta perdendo il tocco magico?

«Il M5s aveva ottenuto il 33% e oggi se va bene vale meno della metà: siamo attorno a un 13%. Di questo il 60% ha votato sì a fare il governo Frankenstein e il 40% ha detto che questo governo gli fa schifo. Faccia i calcoli: Grillo e Di Maio parlano solo per il loro interesse».

L'accordo prevede però l'introduzione del ministero della Transizione ecologica.

«(ride) Grillo è ridicolo: se oggi dovesse recarsi davanti all'Ilva Taranto verrebbe subissato di fischi e cacciato».

 

 

 

I "dibattistiani" avranno modo di riscattare il loro leader con il no alla fiducia? Sarà scissione?

«Mi auguro che il senso della misura sia giunto al culmine. Lo so che sono in tanti a non poterne più. Del resto il M5s è veramente un controsenso. Da una parte millantano ancora "onestà-onestà" e poi rinnovano le cariche a gente come Profumo condannata in primo grado: però non mi sembra che abbiano alzato troppo le barricate...».

Alessandro «vieni via con me». Glielo chiederà?

«Ma no! Perché lui non è per l'ItalExit, non è contro l'Europa. Lui ha paura a dire "fuori dall'euro". Eppure l'euro è la moneta sbagliata per l'economia italiana: proprio per il piccolo ceto medio che sostiene di voler difendere».

Ora avrà modo di convincerlo.

«Ci siamo parlati nei giorni scorsi. So quello che pensa e lui sa cosa penso io. Non andiamo d'accordo sull'attacco frontale al potere Ue. Alessandro è ancora appeso al sogno di cambiare l'Europa, io penso che l'Ue non ha voglia di farsi cambiare e anche se ne avesse non converrebbe comunque all'Italia. La sveglia arriverà quando cominceremo a capire che siamo un Paese potente, solo che non lo facciamo volare. Per dirla con Anthony De Mello: siamo come un'aquila che si crede un pollo. L'Italia non deve essere il pollastro europeo. Voli».

 

 

 

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