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Giorgia Meloni, il super sondaggio la lancia: si prende il centrodestra? Occhio a questi numeri

 Giorgia Meloni

Francesco Specchia
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Com’è mutevole, l’umore degli elettori agli zefiri della politica. L’effetto Draghi, direttamente o indirettamente, continua ad essere una spalmata di napalm sui campi di preferenza dei partiti. Nei sondaggi della SuperMedia Agi-YouTrend, infatti, ne giova soprattutto Giorgia Meloni col suo “partito di patrioti”, l’unico all’opposizione, che continua incredibilmente a salire: -16.9% (+0,2%) preceduta solo dalla Lega (23,3, -0,2%) e dal Pd che con l’arrivo di Letta ha un leggero rimbalzo (17,9,%-1,3). Meloni ha superato il M5s (16,6%, +1,8 con Conte) e -da mo’- Forza Italia all’8,1%; ed è a pochissimo dalla leadership nel centrodestra.

Fratelli d’Italia, è arrivato fin qui passando dal 4,3% delle politiche del 2018 e dal 6,4% delle europee del 2019; è riuscito a lasciarsi alle spalle il Movimento 5 Stelle e vuol puntare quota 20 punti. Lo certificano tutti i sondaggi, da Swg e Euromedia Research della Ghisleri, a Piepoli a Pagnoncelli: il partito di Giorgia continua a rinsaldarsi e fare massa critica, probabilmente grazie alla scelta di schierarsi contro il governo. La crescita di Meloni è inesorabile e astuta. Si accompagna alla sua fitta strategia di networking di accreditamento europeo (pur mantenendo una stretta connotazione sovranista), alla coerenza d’intenti e di programmi, e all’accoglienza nelle maglie larghe del partito di sempre più transfughi politici. Gli ultimi arrivi in Fratelli d’Italia, per dire, sono quelli dei tre ex M5S De Toma, Drago e Silvestri al grido di “continua la nostra crescita”, che poi è la crescita della Meloni, strategicamente tesa ad ad arrivare alle politiche vincitrice e pronta per Palazzo Chigi. Salvini non si mostra agitato e fa il gentleman; e intanto ne beneficia l’intera coalizione di centrodestra al 49,4% (+0,1) cui segue quella di centrosinistra 25,8% (-2,3) e M5s 16,6 (+1,8). Il distacco tra centrosinistra e centrodestra sarebbe sempre di oltre 10 punti.

Il dato Meloni fa da contraltare ad un altro mito sfatato: la considerazione del buon governatorato di Nicola Zingaretti. Da un sondaggio Swg, infatti, risulta che la gestione della pandemia abbia fatto impennare le preferenze dei presidenti di Regione: “Nel diffuso clima di incertezza e apprensione il livello di polemica si è abbassato e le persone si sono affidate agli amministratori più di quanto lo facessero di solito”. Tutti i presidenti delle grandi possono dirsi soddisfatti, da Zaia a Bonaccini a Fredriga a De Luca, in percentuali che variano dal 79% del veneto al 57% del campano. Tutti i governatori possono dirsi soddisfatti, tranne due: Attilio Fontana e Nicola Zingaretti (entrambi al 33% delle preferenze,). Ma se per il primo la notizia appare scontata e ruminata da mesi a causa delle grandi criticità della Lombardia nell’emergenza sanitaria, per il secondo la cui gestione era indicata come d’eccellenza -specie sanitaria- la notizia spiazza abbastanza. Nel tenersi ben stretto sia il ruolo di segretario Pd che di Presidente del Lazio Zinga non ha brillato né nell’uno né nell’altro. Sulla hit si confermano, con livelli di gradimento molto alti, appunto i presidenti di Veneto, Emilia Romagna e Friuli. Tra i neoeletti si fa notare il buon riscontro ricevuto da Acquaroli (53%, Marche).
Anche il Presidente della Liguria Toti (51%) rimane a un livello di apprezzamento piuttosto alto, seppure in lieve calo, ma si deve considerare che aveva registrato una forte crescita del consenso nel 2019, anticipando l’incremento dei colleghi delle altre regioni. Un capitolo a parte merita, come citato, Vincenzo De Luca: col suo 57% è l’unico dei governatori del sud nella parte alta della classifica, grazie al decisionismo esasperato, alla derisione degli avversari e ad una comunicazione politica allestita sulla costruzione del nemico, caricaturata da Crozza e ben studiata nel saggio appena uscito di Domenico Giordano De Luca- Da sindaco a social star (AreaBlu Edzioni).

Lo stesso sondaggio Swg, infine, fotografa l’umor di popolo verso il governo Draghi. Il 46% degli intervistati crede che sarà migliore dei governi Conte, il 20% che sarà peggiore e per il 24% non ci saranno grosse differenze. Ma è la composizione della squadra di ministri che non convince i cittadini: solo il 2% si dice molto soddisfatto, il 27% abbastanza, il 35% poco e il 21% per niente. Per gli italiani i punti deboli stanno nei capi dei dicasteri: per il 35% la competenza è scarsa, per il 26% sono troppi politici, per il 19% la composizione (leggi quote rosa) non è equilibrata. Chissà se ci fosse un premier donna, per tornare a bomba…

 

 

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