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Daniele Franco, il ministro di Draghi vuole più immigrati "per far scendere il rapporto debito-Pil"

 Daniele Franco

Fausto Carioti
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A pagina 131 del Documento di economia e finanza appena sfornato dagli uffici del ministro Daniele Franco c'è un paragrafo in apparenza tecnico e neutro, intitolato «Sensitività rispetto alle variabili  demografiche». Chissà se i ministri della Lega lo hanno letto, prima di approvarlo. Di certo farebbero bene a darci un'occhiata. Perché il contenuto di quelle due pagine, espresso in forma di analisi di diversi scenari con tanto di grafico, è quanto di più politico ci possa essere: sostiene che fare entrare più immigrati è un ottimo modo per ridurre il rapporto tra debito pubblico e Pil, ovvero per aiutare l'Italia nella grande battaglia post-Covid. Fare il contrario, ossia ridurre il flusso di stranieri destinati a soggiornare nel nostro Paese, sarebbe invece deleterio.

 

 

Che la demografia abbia un impatto importante sulla crescita economica è un dato di fatto. Basta pensare al rapporto tra i lavoratori e i pensionati: in Italia a 1.000 dei primi (che versano i contributi) corrispondono 602 dei secondi (che incassano l'assegno di vecchiaia), uno dei peggiori quozienti a livello europeo. E poi più sono le persone residenti nello Stato che producono beni e servizi, più cresce il Pil. Motivi per cui, se si vuole far scendere il peso del debito pubblico nei confronti di quest' ultimo, occorre aumentare il numero degli occupati, anche facendo crescere la popolazione in età lavorativa. Ci sono due metodi per farlo. Il primo consiste nell'incoraggiare le nascite, ossia puntare sull'aumento del tasso di fertilità, il numero medio di figli per ogni donna in età feconda, sceso a 1,18 per le residenti in Italia (dato precedente l'epidemia: ora è probabilmente più basso). Richiede tempo, ma non stravolge l'identità e la cultura di una nazione. Il secondo prevede di importare braccia dall'estero.

Fatto sta che l'aumento della fecondità, magari incoraggiato con politiche economiche ad hoc, nemmeno è preso in considerazione dai tecnici del ministero dell'Economia. I quali, in compenso, ci fanno sapere cosa accadrebbe se già da quest' anno il numero medio di figli per donna scendesse ancora. «Ipotizzando una progressiva riduzione del tasso di fertilità del 20 per cento», scrivono, «si osserva un incremento del rapporto debito/Pil marcato nel lungo periodo»: dopo mezzo secolo, il debito peserebbe oltre venti punti di Pil in più. Come dire che, a maggior ragione, occorre guardare nell'altra direzione: l'aumento del «flusso netto degli immigrati». Nello scenario base, ossia in assenza di interventi, esso è stimato dal governo «in circa 213mila unità medie annue». Già così, si tratta di un aumento: dal 2001 sono entrati in media 195mila immigrati l'anno e nel 2019, ultimo anno del quale si hanno dati, l'incremento netto degli stranieri residenti è stato di 143mila unità. Il ministero dell'Economia si chiede quindi: cosa succederebbe se, già da quest' anno, il numero degli immigrati fosse superiore o inferiore del 33% rispetto all'ipotesi base, e si continuasse così per gli anni a venire? Senza nessuna sorpresa, la conclusione è che «l'incremento del flusso netto migratorio di un terzo rispetto al previsto permetterebbe di diminuire il rapporto debito/Pil nel ventennio successivo». Intorno al 2040, insomma, i nostri conti pubblici inizierebbero a migliorare e il debito, da qui a cinquant' anni, peserebbe circa 30 punti di Pil in meno.

 

 

Qualora invece il flusso degli immigrati fosse subito ridotto (sottinteso: come chiede il centrodestra)? Ecco, in questo caso il Documento di economia e finanza avverte che sarebbero dolori immediati: «Una significativa riduzione del flusso immigratorio porterebbe ad un aumento del rapporto debito/Pil già nel breve periodo». Col risultato che, tra mezzo secolo, «il debito pubblico sarebbe maggiore di quasi 50 punti percentuali di Pil rispetto allo scenario di riferimento». Sebbene scritto con i toni asettici delle simulazioni, il messaggio è chiaro: col debito al 160% del Pil non si scherza e occorre aumentare gli stranieri residenti nel nostro Paese per rendere il fardello meno gravoso. Per la sinistra, un'arma in più. E quando quei lavoratori immigrati andranno in pensione e graveranno sui conti dell'Inps? Si presume che la ricetta consista nel farne arrivare altri, più giovani e numerosi. E che Paese diventerà l'Italia? Problemi dei nostri nipoti, in ogni caso. Non di questo governo.

 

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