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Alessandra Ghisleri, tutta la verità sulla sfida tra Salvini e Meloni: "Sorpasso possibile, non scontato"

Alessandra Ghisleri

Pietro Senaldi
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La competizione tra Lega e Fratelli d'Italia tiene stabilmente il centrodestra una decina di punti sopra i giallorossi ma rischia di minarne la compattezza ben più di quanto non lo faccia la circostanza che Salvini sostenga il governo Draghi con Forza Italia e la sinistra e invece la Meloni presidi in solitaria l'opposizione. Si vede a Roma, Milano e Bologna, dove non è stato ancora individuato un candidato sindaco comune, e si vede nel Palazzo, con la Lega che per mesi si è rifiutata di cedere la presidenza del Copasir a Fratelli d'Italia, contravvenendo per puro dispetto al galateo istituzionale, anche a costo di rimediare una brutta figura. Tutta colpa dei sondaggi; finché non ci sono le elezioni non portano un voto, però condizionano le decisioni dei leader e ne alterano le sfumature di potere. Il dato di partenza è che due anni fa, alle Europee, con Salvini che furoreggiava come ministro anti-immigrati, la Lega toccò quota 34,33%, raddoppiando il 17% ottenuto l'anno precedente alle Politiche, mentre Fdi salì al 6,46%, con un aumento del 30% rispetto al 4,3 del 2018. Una crescita imponente come forza singola ma non impressionante quanto a peso generale, dovuta quasi esclusivamente all'attivismo della sua leader.

Ora la situazione è cambiata. La Lega perde punti costantemente dall'addio al governo giallorosso e il ritorno nella stanza dei bottoni con Draghi non ha ottenuto effetti immediati nei consensi, che Euromedia Research stima scesi fino al 21,1%. Salvini si risolse a entrare nella grande alleanza-ammucchiata anche perché sospinto dall'imprenditoria del Nord e dai suoi governatori, che si fecero portavoce con il Capitano delle richieste dei loro territori. È stata una scommessa di medio periodo della quale il segretario leghista non ha ancora incassato neppure una parte.

 

 

ITALIA DIVISA IN TRE - Viceversa, essere contro Draghi ha inserito una dinamo nella già notevole progressione di Fratelli d'Italia, che in tre mesi ha guadagnato cinque punti, fino ad arrivare secondo Alessandra Ghisleri al 19%. È vera gloria o la Meloni sta all'opposizione come un soufflé nel forno, lievita per situazioni ambientali e poi si sgonfia se deve venir fuori? I parlamentari di Giorgia sono convinti che il sorpasso ai danni della Lega sia questione di settimane, al massimo un paio di mesi. Loro ci credono, ma le variabili sono parecchie. I dati generali sono nazionali, e vedono i due partiti distanti di poco.

Secondo la Ghisleri, una forbice inferiore al 3% in periodi non elettorali non permette di determinare quale sia davvero la forza che gode dei maggiori consensi. Se si analizzano però i risultati dei sondaggi nelle cinque macro-aree in cui si divide il Paese, il quadro si fa più chiaro e riflette un'Italia divisa in tre. Nel Nord-Ovest e nel Nord-Est, la Lega ha perso in due anni il 25% dei consensi, scendendo grosso modo dal 40 al 30% (41-32) nel Triveneto. Segno che Salvini è ancora profondamente radicato in Settentrione e la scelta di andare al governo è stata condivisa dalla maggior parte dei suoi elettori. Non ci sarebbe da stupirsi se al Nord il sorpasso di Fdi non avvenisse mai, malgrado la Meloni abbia portato il suo partito al 17,5%, dal 5,7 di due anni fa. Viceversa al Sud e nelle Isole, il consenso di Salvini si è liquefatto. Finché comandava, il Capitano raccoglieva anche nel Mezzogiorno, che tradizionalmente si schiera con chi ha il vento in poppa.

 

 

Malgrado il passato secessionista, la Lega è arrivata fino al 23,5% in Meridione (22 nelle Isole), ma la svolta sovranista non ha fidelizzato l'elettorato e oggi il partito è stimato al 7,3% (6,2 in Sicilia e Sardegna). Qui la Meloni ha più che doppiato Salvini. Il dato di crescita di Fdi è inferiore a quello del Nord, dove il partito è triplicato, ma porta il valore della destra al 18,7% al Sud e al 19,5 nelle Isole (rispettivamente dal 7,6 e dal 7,3%), segno che il consenso di Giorgia è più omogeneamente distribuito sul territorio rispetto a quello di Matteo.

LE VARIABILI IN GIOCO - E poi c'è il Centro, storico feudo di Fratelli d'Italia, che però sopravanza la Lega di meno di due punti (22 contro 20,3). Anche qui, come al Nord, la Meloni ha triplicato i consensi, mentre Salvini ne ha persi il 30%, riuscendo a contenere il calo rispetto ai livelli paurosi del Mezzogiorno (-65%). Sono regioni contendibili dai due partiti, che sono consolidati ovunque, con realtà anche molto diverse a seconda dei territori. In conclusione, sarebbe precipitoso sostenere che il sorpasso di Fdi è inevitabile, e ancora più azzardato è pensare che, ove avvenisse, durerebbe certamente a lungo.

 

 

Troppe variabili sono ancora sul piatto. La prima è che tutte le forze che hanno vissuto una crescita impetuosa hanno poi pagato dazio, una volta raggiunto il picco, calando sensibilmente. La curva di Giorgia salirà ancora, ma non è dato sapere quanto a lungo e fino a dove. Poi c'è il punto dell'uscita dall'emergenza: una ripresa dell'economia può restituire consensi a Salvini, soprattutto nelle aree dove il voto leghista è tradizionalmente forte. Anche la struttura di partito, con tanti amministratori e un'occupazione capillare di certi territori, dovrebbe garantire al Carroccio un argine solido alla perdita di consensi. Infine ci sono l'immigrazione, tema che, quando esplode, porta naturalmente voti all'ex ministro, e il voto nelle città, dove la vittoria di un candidato sindaco porta su il partito che lo esprime. Il Paese è scosso dalla pandemia, gli italiani hanno le idee poco chiare e molte incertezze. La politica è relegata al ruolo di comparsa. Il consenso è quanto mai volubile e il duello tra Lega e Fratelli d'Italia per contenderselo è solo alle battute iniziali.

 

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