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Matteo Renzi e il Ddl Zan, "alla fine vinciamo anche questa". Retroscena: Letta fa la fine di Conte, chi lo tradirà dentro il Pd

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Il segretario dem Enrico Letta farà la fine di Giuseppe Conte. Il secondo ci ha rimesso Palazzo Chigi, al primo potrebbe costare la poltrona al Nazareno. Ne è convinto Matteo Renzi, protagonista di un nuovo clamoroso "giochino" parlamentare. "Alla fine vinciamo anche questa" confida ai suoi il leader di Italia Viva, al termine della giornata campale sul Ddl Zan. Ricapitoliamo: il Pd tiene duro sulla legge contro l'omotransfobia contestatissima da Matteo Salvini e dalla Lega (e non solo, perché l'opposizione è letteralmente trasversale dentro la maggioranza). Renzi, un po' per mettere in crisi i dem un po' per portare a casa la legge (e magari per tessere alleanze in vista delle elezioni per il Quirinale, tra 6 mesi) ha teso la mano a Salvini proponendo il Ddl Scalfarotto. Ma i dem hanno detto no al compromesso e si andrà al voto in aula sul testo del deputato Zan. Il rischio, grosso, è che il Pd alla fine non abbia i voti per farlo approvare: sarebbe una sconfitta tutta politica e "di bandiera", vista la valenza ideologica di cui è stata caricata la legge. 

 

 

 

 

Il riferimento di Renzi, "anche stavolta", è inevitabilmente alla partita per Palazzo Chigi, con Conte che come Letta credette di farcela e andò al muro contro muro senza dimettersi, cercando i voti di improbabili "responsabili" in Senato per ribattere alla crisi di governo aperta da IV. Come andò a finire, è roba nota a tutti. Lo stesso Zan, deputato Pd, non sembra convintissimo: "Incrociamo le dita e andiamo in aula". E il "non si tratta" ripetuto come un mantra da Letta (più per convincere i più riluttanti dentro al Pd che per mettere Salvini o Renz spalle al muro) potrebbe trasformarsi nel più classico dei boomerang. "Il voto sulla calendarizzazione (tra 7 giorni, ndr) dimostra che la maggioranza c'è, è quella che ha approvato il testo della Camera", assicura il segretario allontanando le ombre di agguati e tradimenti da parte dei renziani.

 

 

 

 

 



La verità, suggerisce il Corriere della Sera, è che ormai questa è una battaglia del solo Letta, con due ministri come Lorenzo Guerini e Dario Franceschini sempre più silenti. Anche Stefano Bonaccini, governatore dell'Emilia Romagna, intuendo i contraccolpi di questa strategia-kamikaze si augura "una mediazione", anche a costo di "qualche necessario correttivo". Che è un po' la posizione del nemico Renzi. Tra i malpancisti dentro il Pd si fanno i nomi di Valeria Fedeli e Valeria Valente, contrarie all'identità di genere, e poi i cattolici Mino Taricco, Andrea Ferrazzi, Stefano Collina, Assuntela Messina, Vincenzo D'Arienzo, per non parlare dei grillini. Il capogruppo M5s Ettore Licheri, spiega il Corsera, confidava a un senatore dem: "Cinque o sei dei nostri sono contrari per motivi etici, poi ci sono sempre i possibili dispetti incrociati".

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