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Matteo Renzi e Luigi Brugnaro, "asse decisivo per il Quirinale". Post-Mattarella, ecco come possono fregare tutti

Fausto Carioti
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Qual è la partita cui stanno giocando Luigi Brugnaro e i suoi, impegnati a radunare parlamentari sotto le insegne fucsia di Coraggio Italia? Che mire ha Matteo Renzi, alla guida di un partitino che non si schioda dal 2,5%? Per la prima volta, nella vasta terra di mezzo tra il centrodestra e i giallorossi, s' intravede un disegno per ricreare l'ordine. Passa per una "quota cento", ma non ha nulla a che vedere con le pensioni, a meno di non considerare la presidenza della repubblica come un ritiro dal lavoro, cosa che in pochissimi casi è stata. Cento è il numero dei parlamentari che quell'area "terzista", autonoma da Enrico Letta e da Matteo Salvini, vuole aggregare e schierare in campo quando inizierà la bolgia delle votazioni per la scelta del successore di Sergio Mattarella.

 

 

 

 

 



In fondo i parlamentari renziani, quelli di Brugnaro e il gruppetto vicino a Carlo Calenda vogliono le stesse cose. Intanto, evitare che il primo atto del nuovo capo dello Stato sia lo scioglimento delle Camere: nessuno di loro desidera le elezioni anticipate. Quindi impedire che il Pd, il loro avversario comune, porti per l'ennesima volta uno dei suoi al Quirinale. C'è un solo modo per incassare tutto questo: accordarsi ed evitare di finire al rimorchio degli altri. Che cento sia il numero magico lo dice la composizione del parlamento. Intanto, né centrodestra né centrosinistra (del quale, come si vede, ormai Italia viva non fa più parte) hanno i numeri per imporre un loro candidato. La soglia da raggiungere è 505, ossia la maggioranza assoluta dei 1.008, tra parlamentari e delegati delle regioni, che parteciperanno alla votazione: tanti ne serviranno dal quarto scrutinio in poi. Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia, insieme, sommano 381 parlamentari e 32 delegati regionali. Il totale fa 413. Ossia un po' di più di quanti ne possano raccogliere M5S, Pd e Leu, fermi a 408 (384 in parlamento, 24 delegati).

 

 

 

 

 

 

 

La morale della matematica è semplice: saranno quelli in mezzo a fare la differenza. Resta da capire se lo faranno insieme, uniti, oppure divisi, al servizio degli altri. Per questo l'aggregazione promossa da Brugnaro, Giovanni Toti, Gaetano Quagliariello e Marco Marin può cambiare la partita. Conta già 31 parlamentari, e nelle prossime settimane i suoi dirigenti contano di arrivare a 35. Azione, il movimento di Calenda, assieme agli ex radicali di +Europa ne ha 5. Con l'aggiunta dei 45 di Renzi si arriva a 85. Già così, sarebbe un cartello capace di condizionare ogni scelta. Presentarsi al tavolo con un "pacchetto" di un centinaio di voti obbligherebbe gli altri a trattare e costringerebbe il Pd a rinunciare a portare sul Colle Dario Franceschini o un altro dei suoi leader. Si aprirebbero spazi oggi impensabili per Pier Ferdinando Casini, uno dei nomi su cui punta Renzi, o si potrebbe preparare il percorso di cui si inizia a discutere: Draghi trasloca al Quirinale, ma la legislatura prosegue sino alla scadenza naturale, affidando il governo a un tecnico come Daniele Franco, attuale ministro dell'Economia. Il Pd di Letta riceverebbe un ceffone, e la conferma che legandosi al M5S non ottiene nulla di buono; il centrodestra rinuncerebbe al voto anticipato e la vittoria andrebbe a chi sta lì in mezzo. 

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