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Virginia Raggi, clamorosa gaffe: dà la colpa ai fascisti per le bombe degli alleati su Roma nel 1943

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Gianluca Veneziani
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Ma siamo sicuri che, a bombardare Roma, non siano stati i nazisti? O magari gli aragonesi in combutta con i cartaginesi? Lecito chiederselo dopo l'ennesima gaffe di Virginia Raggi, classico esempio di sindaco che amministra una città, senza conoscere alcunché sia della città che della sua storia. Due giorni fa, in occasione del 78° anniversario del bombardamento sulla Capitale, in particolare sul quartiere di San Lorenzo, la Raggi ha scritto in un tweet: «Roma è e sarà sempre antifascista. Ho deposto una corona per commemorare il 78° anniversario del bombardamento che nel 1943 colpì San Lorenzo e altri quartieri della città. Un evento drammatico che non dobbiamo dimenticare perché senza memoria non c'è futuro». Peccato sia stata lei la prima a dimenticarsi di un dettaglio non trascurabile: a bombardare Roma non furono mica i fascisti, ma gli americani. In molti glielo hanno ricordato su Twitter sbeffeggiandola: «Ma almeno leggiti Wikipedia!», «La Raggi gnaa fa proprio, eh», «Padroneggia la storia come l'attività amministrativa», «Pensa che ero fermamente convinto l'avessero bombardata gli Americani, che erano antifascisti».

 

 

 

Il dramma è che, all'ignoranza, la Raggi associa l'accecamento ideologico (autoindotto, per compiacere i salotti buoni e il pensiero buonista), cosicché finisce per vedere il mostro fascista dovunque, anche dove non c'è. Del resto non è la prima volta che il sindaco, insieme al suo staff, scambia fischi per fiaschi e vede cose che voi romani neanche immaginate... perché non esistono. In un video promozionale della Ryder Cup di golf a Roma, pubblicato sul profilo Facebook della Raggi, i collaboratori del sindaco non si accorsero che, al posto del Colosseo, c'era l'Arena di Nîmes, che dalla Capitale dista qualcosa come mille chilometri... Quando non lo scambia con altri anfiteatri, la Raggi confonde il Colosseo con la Basilica di San Pietro, robba da ggniente, come direbbero a Roma. Presentando qualche giorno fa un altro torneo di golf, l'Open d'Italia, ha detto testualmente: «Dal green dell'Open si può ammirare, guardando bene, anche la cupola del Colosseo, uno scenario davvero eccezionale e straordinario». Già, la Cupola del Colosseo. E noi che pensavamo fosse un anfiteatro a cielo aperto. Se a volte la Raggi aggiunge cupole, altre volte toglie consonanti. Risale a un mese e mezzo fa la scena imbarazzante del sindaco impossibilitato a inaugurare davanti al presidente Mattarella la targa dedicata a Carlo Azeglio Ciampi, perché al nome Azeglio mancava una «g»: si era accorciato in «Azelio». Peggio del buco era solo la toppa: dal Cerimoniale del Campidoglio facevano sapere che la targa non era stata scoperta perché «seriamente danneggiata». Non era vero, l'unico danno era l'offesa alla memoria di Ciampi.

 

 

 

Il vizio di voler cambiare la storia, forse perché consapevole che alla storia lei non passerà mai se non come peggior sindaco, la Raggi non l'ha mai perso. Già a inizio giugno era incappata in un primo errore sul bombardamento di Roma, sbagliando la data: «Ho incontrato a Porta San Paolo», aveva scritto in un tweet, «il partigiano Mario Di Maio, testimone del bombardamento di San Lorenzo avvenuto il 19 maggio del 1943». Ma che maggio, era luglio... Lo scorso anno si era invece sbarazzata senza fare un plissé di Romolo e Remo: aveva modificato il tradizionale appuntamento dell'Estate Romana, sostituendolo con il nome bruttissimo Romarama e adottando come logo, in modo inspiegabile, al posto della lupa una gatta rosa. Con questi presupposti la Raggi probabilmente si candida alla più sonora sconfitta elettorale di un sindaco uscente. Ma, al contempo, vista la sua padronanza in storia e geografia, si propone seriamente al ruolo di leader dei 5 Stelle: dovrà solo fare un corso accelerato, per apprendere da Gigino Di Maio che la Russia si affaccia sul Mediterraneo e che Pinochet fu il dittatore del Venezuela, da Manlio Di Stefano che gli abitanti del Libano si chiamano libici e da Alessandro Di Battista che Napoleone vinse nella celebre battaglia di Auschwitz. Naturalmente combattendo contro i fascisti. 

 

 

 

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