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Giorgia Meloni, retroscena-centrodestra: "C'è la fila per entrare in Fdi. Ma...". Chi bussa alla porta e perché viene respinto

Antonio Rapisarda
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Più che soddisfatti di leggere parole di Silvio Berlusconi sul futuro della coalizione («Ventisette anni di centrodestra non si cancellano», ha certificato alla Stampa a proposito del perimetro per il prossimo governo) ma, in casa Fratelli d'Italia, restano «vigili» sull'applicazione di questo protocollo. Il motivo? «Spesso da parte dei nostri alleati ci sono state rassicurazioni in tal senso non concretizzate», assicurano a Libero. L'esempio è servito: Lega e FI non hanno firmato il patto anti-inciucio, «e da quel momento è rimasto FdI, partito "monogamo", a presidiare il centrodestra». In ogni caso l'operazione "disgelo" fra i contraenti della coalizione - dopo la grande tensione scaturita dallo «sgarbo» sul Cda Rai nei confronti di FdI - prosegue. Era atteso, infatti, il primo passo dopo il vertice a Villa Certosa con Giorgia Meloni: e l'uscita del Cavaliere («Andremo uniti alle prossime elezioni, le vinceremo e governeremo bene per molti anni») viene accolta con attenzione dal partito che guida l'opposizione. I riconoscimenti sono pubblici: «Ha ragione Berlusconi quando afferma che sarà necessario essere coesi con valori e programmi comuni», ha confermato Francesco Lollobrigida. Con un "non possumus": il partito unico. «Con l'attuale sistema elettorale - ha precisato il capogruppo - e le differenze che ci sono all'interno della coalizione, che noi consideriamo una ricchezza, non ha senso di esistere». Da questo punto di vista sono in tanti a ricordare la battuta della stessa Meloni: «Noi in Europa siamo confederali e non federalisti. Ecco: lo stesso vale per il centrodestra italiano».

 

 

MORATORIA
A rasserenare gli animi arriva anche la rassicurazione sulla "moratoria" riguardante i passaggi da un partito all'altro. Se è vero che ad Arcore brucia ancora l'adieu di Lucio Malan, da parte di FdI «non vi è alcuna intenzione» di fare campagna acquisti indiscriminata: non solo - spiegano ancora al nostro giornale - per un fatto di «bon ton» nei confronti degli alleati ma anche «perché, nonostante le tante richieste, l'obiettivo è valorizzare la nostra classe dirigente». Le buone intenzioni si traducono anche in un riallineamento della situazione in Calabria. All'appello del candidato azzurro Roberto Occhiuto («Meloni e i suoi dirigenti hanno sempre agito con coerenza, nell'interesse degli elettori e dei territori») ha risposto la coordinatrice regionale Wanda Ferro: «Ha riconosciuto l'importanza di FdI non solo nella fase elettorale, ma anche in quella del governo di una regione che ha bisogno di scelte coraggiose». Un riconoscimento che va letto anche alla luce delle «scorrettezze» denunciate dai meloniani: al di là di ciò che è avvenuto sulla Rai, riflettono le fonti, se FI e Lega «pensano di poter far valere ancora il loro peso parlamentare sulle questioni di sostanza democratica è chiaro che si farà pesare di più la nostra forza elettorale nei territori».

 

 

Morale? La ricomposizione con gli alleati procede ma ciò che è avvenuto dall'avvento di Draghi presuppone test continui di affidabilità. Tutto ciò è monitorato passo dopo passo dalla leader, che nonostante sia per qualche giorno fuori Roma con la famiglia non tralascia alcun dossier. E se sulla sfida di Roma è certa del cammino di Enrico Michetti («A differenza di ciò che stanno facendo gli avversari - rilanciano dallo staff -, noi non ci sogneremmo mai di chiedere il ritiro di Calenda, Raggi e Gualtieri perché li troviamo talmente inadeguati da essere felici che siano candidati»), anche sul Quirinale la partita per la Meloni va giocata in maniera unitaria. Tenendo presente un'opportunità storica che riguarda non solo il centrodestra (e l'occasione della finestra elettorale): «Con l'uscita di scena della Merkel - è il ragionamento che si fa in , via della Scrofa - e 7 la debolezza di Macron, un nuovo presidente della Repubblica autorevole e riconosciuto avrebbe un enorme peso nell'Ue». Un profilo che dalle nostre parti attualmente possono vantare in pochi. Mario Draghi di certo.

 

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