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Lega, Matteo Salvini e i governatori mettono alla porta i no-vax: bocciata la linea di Claudio Borghi

Salvatore Dama
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La linea della Lega è quella di Matteo Salvini. La quale, a sua volta, non è quella dei falchi che strizzano l'occhio ai No Vax. Il Carroccio resta leale al presidente del Consiglio Mario Draghi, anche a costo di dover «ingoiare qualche rospo», come spiega in serata il segretario federale. La giornata salviniana è lunga. E Matteo ha a più riprese l'opportunità di sottolineare il concetto. «Noi siamo al governo, e ci rimarremo, per aiutare gli italiani ad uscire dall'emergenza sociale, sanitaria ed economica, come richiesto dal presidente Mattarella». Lo dice, il Capitano, in un'intervista ad Affaritaliani.it. La Lega sta lavorando per portare avanti «tutte le riforme necessarie», dal fisco alla giustizia, dalla pubblica amministrazione alla concorrenza, con l'obiettivo di «utilizzare al meglio i fondi europei del Pnrr». Restano delle divergenze in seno alla maggioranza che sostiene l'esecutivo. Diversità di vedute che la Lega confermerà in Parlamento. Dall'aumento delle tasse all'immigrazione, dal taglio delle pensioni all'obbligo vaccinale. Su quest' ultimo tema, l'ala governativa della Lega fa quadrato intorno al leader. Ma chiede a Salvini di isolare i battitori liberi. Quelli che sono considerati troppo vicini all'universo No Vax. Un mondo sterile dal punto di vista elettorale: sono pochi e non muovono i sondaggi. Neanche le virgole.

 

 

BATTITORI LIBERI
«Il capo è Salvini e quello che dice lui a me sta bene», mette in chiaro Giancarlo Giorgetti, vice segretario e capo dell'ala moderata leghista. In consiglio dei ministri, prosegue, «Giovannini, Bianchi e Speranza hanno detto che le cose stanno andando molto bene. Le misure adottate finora stanno funzionando, quindi può darsi che non sia necessario ricorrere all'obbligo vaccinale. Io spero di no». Giorgetti cita quanto accaduto in Svizzera: «A me piace molto ciò che ha scritto la Corte svizzera in termini etici: se si arriva all'obbligo vaccinale si arriva a una forma coercitiva che, se possibile, deve essere evitata». Sul tema interviene anche Luca Zaia. «Noi non siamo contro i vaccini, penso sia chiaro», premette il governatore del Veneto, ma arrivare alla obbligatorietà dell'inoculazione «è un po' una sconfitta, socialmente». Zaia ci tiene a sottolineare anche la posizione del Carroccio sul Green Pass, dopo l'emendamento soppressivo presentato e votato alla Camera, che ha creato non pochi malintesi negli ambienti leghisti. «Il Green Pass c'è, io ce l'ho, ce l'ha anche Salvini». Lo strumento semmai va migliorato, non eliminato. Per questo i big della Lega hanno chiesto al leader di isolare i falchi, tra cui Claudio Borghi, Alberto Bagnai e Armando Siri, che esprimono posizioni troppo vicine a quelle di chi anima i gruppi Telegram contro le varie "dittature". «Ho fatto una riunione con i sette governatori della Lega», spiega Salvini, «abbiamo messo giù le linee guida: per il vaccino, visto che il 70 per cento della popolazione è vaccinato, la Lega era, è e sempre rimarrà per la volontarietà. La Lega è contro qualsiasi tipo di obbligo». Il Green Pass è uno strumento che deve «permettere di lavorare, non di licenziare o di discriminare». Su questo, spiega il leader leghista c'è identità di vedute nel partito: «Non c'è la tifoseria no vax e sì vax». Ma bisogna «spiegare», e «accompagnare» i cittadini, «non obbligare».

 

 

E, nel caso in cui ci dovesse essere anche solo un obbligo mascherato, ci vogliono degli indennizzi: «Lo Stato fa di tutto per portarmi a vaccinare? Bene, però se ci sono danni mi risarcisci tu», non si fa «sulla pelle dei cittadini». Il leader leghista porta un esempio personale: «Mio figlio sta andando adesso a vaccinarsi non perché fosse convinto, ma iniziano gli allenamenti di calcio e avrebbe dovuto fare tre tamponi a settimana, 30 euro. Io non voglio un'Italia di ricchi e poveri, ma se lo Stato mi impone una cosa mi mette a disposizione gli elementi per andare avanti». L'altro tasto dolente si chiama Luciana Lamorgese. Mario Draghi ha difeso il suo ministro dell'Interno, ma ha aperto a una riunione a tre con Salvini. «Non vedo l'ora», dice il segretario leghista intervistato dal direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano a Itaca 20.21. «Non possiamo chiedere sacrifici agli italiani» e far sbarcare «decine di migliaia di altre persone». Tornando sulla vicenda del rave party di Viterbo, Matteo aggiunge: «Solo per questo un ministro dell'Interno dovrebbe farsi da parte. Perché abbiamo fatto la figura dei fessi» in Ue.

 

 

«INGOIARE ROSPI»
Salvini cita i dati degli sbarchi pubblicati dal Sole24Ore e riferiti alle ultime tre estati. Sono aumentati esponenzialmente rispetto a quando al Viminale c'era lui. «Non è che io avessi la bacchetta magica quando ero ministro», dice, ma su questo fronte, «avevano capito che non era aria. Chi scappa dalla guerra è benvenuto, ma il 90 per cento non scappa dalla guerra, ma ce la portano a San Basilio...». In serata il leader leghista ribadisce l'opzione governativa («Non usciremo» dall'esecutivo), ma ammette di dover «ingoiare qualche rospo». Però, grazie alla Lega, dice, «si limitano i danni». A partire dal Ddl Zan e dallo Ius Soli, per finire con il reddito di cittadinanza, una riforma che, «alla prova dei fatti, si è dimostrata un fallimento». Conclusione: «La Lega ha scelto di aiutare gli italiani e di entrare in questo governo e ci staremo fino alla fine. Letta e Conte se ne facciano una ragione, se non si trovano bene con Draghi si facciano da parte loro, la Lega c'è». 

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