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Quirinale, un gruppo di donne di sinistra lancia un appello al Pd: "Candidate Rosy Bindi per il dopo Mattarella

Alessandro Giuli
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Ci mancava soltanto Rosy Bindi per completare la variopinta galleria delle figure quirinalizzabili al posto di Mario Draghi, una volta appreso che Sergio Mattarella non ha alcuna intenzione di fare il bis come il predecessore Giorgio Napolitano. Nel vuoto d'idee che attraversa la confusa dirigenza del Partito democratico, si affaccia dunque il profilo della settantenne Rosaria da Sinalunga (provincia di Siena, dove il segretario del Pd Enrico Letta spera di farsi eleggere deputato alle prossime suppletive), già ministro della Sanità dal 1996 al 2000, poi titolare delle Politiche per la famiglia dal 2006 al 2008, quindi vicepresidente della Camera dal 2008 al 2013 e presidente della commissione Antimafia dal 2013 al 2018.

Nonché presidentessa del Pd dal 2009 al 2013. Con un curriculum del genere, vuoi che la grande moralizzatrice catto-progressista, storica nemica del berlusconismo, non finisca per diventare la tentazione del mainstream democratico tardo femminista? Ovvio. E così sul tavolo di Letta è già planato il primo appello, firmato da un gruppo di donne «di orientamenti politici diversi» ma tutte «nell'area del centrosinistra e della sinistra», che reclama Rosy Bindi come prossima inquilina del Quirinale. Cornice generale: «I tempi sono maturi e riteniamo che l'elezione di una donna sarebbe un segnale importante all'interno di una società che sembra perdere ogni giorno di più i propri valori e di una politica che sembra abdicare al proprio ruolo centrale nel governo del Paese». 

 

 

 

Motivazione beatificante: «Ritroviamo nell'onorevole Bindi la capacità morale e politica per ricoprire un ruolo così importante. Lo dimostrano i suoi tanti anni di attività politica portata avanti senza farsi strumentalizzare o ingabbiare». Fuori dalla gabbia ma dentro i cuori di circa settanta firmatarie «in gran parte di Venezia e del Veneto, ma con adesioni anche da Milano, Brescia, Genova, La Spezia, Modena, Reggio Emilia, Ferrara, Pisa, Siena, Roma e Messina». Letta per ora non si espone in modo irrevocabile, e tuttavia l'altroieri ha fatto capire con un arabesco dei suoi quale sciroccoso refolo stia spirando al Nazareno: «Una donna al Quirinale? Disattenderei quello che ho detto se rispondessi prima di gennaio a questa domanda, ma la risposta non può che essere sì».

Ecco fatto. La verità è che il Pd al momento ha soltanto uno schema in vista del grande gioco per il Colle: mantenere Draghi a Palazzo Chigi per esorcizzare il rischio di elezioni anticipate e lanciare una figura femminile per opporre alle eventuali obiezioni del centrodestra l’impetuosa corrente del conformismo sessualmente corretto. Non potendo ripresentare il già trombato Romano Prodi, stavolta neppure se abbigliato con treccine e tacchi, l’alternativa poteva essere Marta Cartabia. Ma l’attuale Guardasigilli, con la sua recente controriforma della giustizia, s’è alienata il favore del Movimento Cinque stelle orfano del codice giustizia lista allestito dal predecessore Alfonso Bonafede. E si sa che, malgrado le scissioni varie e le percentuali pulviscolari su cui viaggia il veliero di Beppe Grillo,i pentastellati restano comunque il blocco elettorale maggioritario in Parlamento. Ergo: bruciata Cartabia, i giallorossi potrebbero infine dirottare la scelta sulla Bindi e pietire l’indispensabile concorso di colpa a Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Con quale faccia però? Immaginare che Giorgia Meloni converga su Bindi è puro dadaismo politico.

Anche Matteo Salvini difficilmente sfiderebbe di una personalità che, potendo, come minimo lo getterebbe fuori dall’arco costituzionale. E Silvio Berlusconi? Il suo partito non è nuovo alle scappatelle con il Pd e lui stesso all’ultimo giro accettò senza troppe storie di votare Mattarella… Ma intanto il Cavaliere non ha ancora smesso di fantasticare sul proprio happy ending quirinalizio; e poi guai a dimenticare che lui ha avuto in Rosy Bindi una fustigatrice implacabile e assai popolare.

 

 

Nel 2009, quando si vide bloccare il lodo Alfano dalla Consulta e se ne dolse in pubblico lamentando l’assenza di moral suasion da parte del Colle, la Bindi gli diede dell’eversore e lui per ripicca imbracciò la terrificante definizione di Vittorio Sgarbi: «Ravviso che lei è sempre più bella che intelligente».Conseguenza: un uragano di accuse e polemiche suggellate dalla rasoiata di Bindi: «Sono una donna che non è a sua disposizione, e ritengo molto gravi le sue affermazioni». Con tali premesse, chi ce lo vede il Cavaliere a mettersi lui a disposizione d’una reincarnazione rafforzata di Oscar Luigi Scalfaro? Più facile sciogliere Forza Italia, se non tutto il centrodestra. Nulla di personale, sia chiaro.Anzi. Ogni volta che si parla di Rosy Bondi, qui torna in mente la sontuosa canzone apologetica che il progressista Maurizio Crozza le dedicò sulle note di “Mrs. Robinson” (Simon&Garfunkel) durante la disfida col Caimano: «… Mrs. Rosy Bind… che non sei una figa ma sei un tipo… ipo ipo…». Peccato che il video sia sparito dal web. Si vede che non è il tipo giusto.

 

 

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