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Dario Franceschini, il flop della sua scuola: un solo corso è costato agli italiani 23 milioni di euro

Francesco Specchia
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Se continua così saremo costretti a metter il vincolo delle Belle Arti ai vecchi sovrintendenti dei Beni Culturali e conservarli in teca, dato che gli aspiranti nuovi sovrintendenti si sono persi nei meandri di una magnifica Grande école. Un ente spettrale e all'apparenza inutile. Forse non solo all'apparenza. Non è un caso che la prossima settimana sarà oggetto di un esposto alla Corte dei conti. Questa è la storia di un ircocervo burocratico, la "Scuola del patrimonio", meglio nota come SBAC, la Fondazione Scuola per i Beni e le Attività Culturali. Trattasi di un istituto privato a partecipazione pubblica fortemente voluto dal ministro della Cultura Dario Franceschini. Dalla sua fondazione nel 2015 ha già ottenuto 23 milioni di euro di contributi pubblici per un solo corso biennale di 17 studenti costati ai contribuenti in media 1 milione e 347mila euro.

 

 

 

La suddetta Sciences Po franceschiniana, a cui sia accede solo con dottorato o scuola di specializzazione, diretta da Alessandra Vittorini, vanta: a) 19 dipendenti per -previsti- 1,7 milioni di costi, che minacciano di diventare 30 assunti l'anno prossimo; b) corsi e attività ridotte al lumicino (webinar come piovesse, partecipazioni a convegni, brevi corsi per funzionari: desertificazione causa Covid, certo, ma non solo); c) gettoni di presenza per i membri del Consiglio di gestione che passano dai 6mila euro del 2019 ai 50mila di quest'anno attraverso; d) la creazione di una Fondazione apposita che crei una International School of Cultural Heritage annuale; d) un mistero istituzionale che vi aleggia sopra: non ha una sede precisa, né si capisce bene la funzione né il valore del titolo accademico che eroga. Anzi, per essere onesti, questo ultimo punto è stato chiarito effettivamente attraverso decreto emanato in fretta ad agosto: la scuola inaugurerà un "corso-concorso", per formare "la dirigenza tecnica del MiBact", appunto. Il tutto da svolgersi in una sede ancora inesistente. Al collega del Fatto Quotidiano Leonardo Bison che per primo ha indagato sulla SBAC, la Fondazione spiega che la prossima sede potrebbe essere Palazzo Rivaldi nel cuore di Roma. «Il cui restauro costerà allo Stato 35 milioni», commenta Bisson «ci si chiese se investire 3,5 milioni annui in un corso post-post-lauream unico in Europa e sospesi a tempo indeterminato sia una buona idea». Non è una domanda peregrina. Tant' è che se la pone anche il sindacato Confsal-Unsa, la federazione del pubblico impiego da 19 mila iscritti che lunedì annuncerà la presentazione dell'esposto - con congiunto comunicato stampa sulla vicenda - alla Corte dei Conti. «È il solito caso di carrozzone con sperpero di denaro pubblico che favorisce i  soliti noti» dichiara il presidente Unsa Giuseppe Urbino, «ci sono molte cose che bisogna chiarire: il ruolo da parte dello Stato in questa produzione indiscriminata di master dal dubbio senso; il perché, in questi momenti di profonda crisi, di una scuola che doveva essere il fiore all'occhiello di Franceschini e che si sta invece rivelando costosamente inattiva nonostante il precedente di un esperimento simile con la Scuola di Turismo di Francesco Palumbo, che poi è andata a finire com' è andata a finire...».

 

 

 

Per inciso, la Scuola di Palumbo non è andata a finire bene. Sotto la prima gestione ministeriale di Franceschini, nel 2012, fu anch' essa istituita con un blitz, una norma inserita nelle "misure urgenti per la crescita del Paese" di Mario Monti. Giornalisticamente si ricorda per un'inoperosità da una ventina milioni di contributi (compreso l'appannaggio di 180mila euro alla direttrice Maria Luisa Catoni di area lettiana che, contemporaneamente, insegnava all'Imt di Lucca); e anche per il malcelato imbarazzo dello stesso ministro a causa di un atto ispettivo recapitato a Palumbo il quale aveva firmato "al buio" atti di finanziamento per 7 milioni di euro. Da lì ne abbiamo onestamente perse le tracce. Ma il fatto che i sindacati di settore accostino, come precedente, l'allure della vecchia Scuola di Turismo con la nuova Scuola del Patrimonio, be', diciamo che non rassicura. «Soprattutto la forma giuridica della Fondazione potrebbe distogliere molto più facilmente l'ente dal controllo pubblico», conclude Urbino. Il ministro Franceschini difende, legittimamente, la sua creatura: «C'è una nuova governance, fa formazione internazionale e sta crescendo la parte di formazione che fa per il personale. È stata introdotta una norma nuova che finalmente consentirà di fare formazione finalizzata alle assunzioni, formando sovrintendenti, direttori dei musei. Bisogna che la scuola cresca perché non ci si può occupare solo dei dirigenti o dei sovrintendenti ma anche di personale non dirigenziale». Bisogna che cresca. Lunga vita ai sovrintendenti... 

 

 

 

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