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Giuseppe Conte e il disastro M5s alle urne: in 2 anni distrutti gli ultimi 12

 Giuseppe Conte in campagna elettorale

Raggi cocciuta e sconfitta, persa Torino, spariti a Milano: i pentastellati del nuovo corso assistono alla loro distruzione. E per esistere sono costretti ad aggrapparsi al Pd

Francesco Specchia
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Si è rotto il giocattolo. C’è una sorta di nemesi, un arabesco del Fato, nel disastro elettorale in cui sta affondando il Movimento Cinque Stelle: il sogno nacque ufficialmente il 4 ottobre 2009 al Teatro Smeraldo di Milano, il sogno si spegne ora, il 4 ottobre 2021 nelle urne elettorali che assomigliano tanto a urne cinerarie. 

Nel momento in cui scriviamo i pentastellati registrano risultati rionali: 3% a Milano e Trieste, ad un tratto dietro perfino al transfuga Gianluigi Paragone; 10% a Torino; Virginia Raggi che non arriva neanche al ballottaggio; l’elettorato campano è ridotto del 50%. È una pena perfino incrociare lo sguardo liquido del Presidente M5S Giuseppe Conte. Il quale Conte, fino all’ultimo, forse aveva sperato davvero che la crisi del voto di Salvini al sud avrebbe potuto dirottare nuovamente sotto il cappello delle 5 Stelle parte dei votanti che illuminarono la stella meridionale di Di Maio nel 2018. 

E, in effetti, il successo di Gaetano Manfredi a Napoli è un 62% bello pieno; ed è l’unico risultato che permette a Conte di evitare la disfatta totale, dimostrando perlomeno di essere ancora vivo. E in effetti, il rettore Manfredi è –come dice l’ex premier appulo- «un caro amico, l’ho voluto io come ministro dell’Università». Già. Peccato che Manfredi sia totalmente in quota Pd. E hai voglia, Conte, a dire che «quello che veniva prima di me non è roba mia», annunciando che, per riformare il Movimento, ci vorranno molti mesi il “lungo termine”. E hai voglia ad evocare l’azione graduale e profonda dei “gruppi territoriali” e dei forum dei cittadini, qualunque cosa significhino. Ma la vera verità è che Conte, per non staccare la spina, non solo oggi è costretto a rincorrere i «pdioti» di un tempo trasfigurando il Movimento e rendendolo vassallo dei Dem; ma è finanche costretto di fare la ruota di scorta di un Enrico Letta che sembrava un’entità gassosa ma che, alla fine, è il vero vincitore di questa tornata elettorale. 

Certo, il voto amministrativo e regionale non cambierà di una vergola l’assetto del governo nazionale; anzi, i 5 Stelle, sull’orlo dell’abisso, rimarranno semmai ancora più tenacemente ancorati alla poltrona. Epperò, l’impressione è che siamo al crepuscolo del Movimento per come lo conosciamo noi. Il M5S, anche nei ballottaggi, s’è infilato in un cul de sac. Se adesso sceglie di dare indicazioni di voto per i candidati Pd sbaglia perché delude una parte dell’elettorato e si riduce a fare –direbbe Galli Della Loggia- il cespuglio della quercia; se dà indicazioni di votare secondo coscienza, idem. Il tweet che rende plastica la situazione è di Jacopo Jacoboni: «Il Pd di Letta andrà bene anche dove (Milano, Torino, o Roma) corre contro il Movimento di Conte. Il Movimento di Conte salverà la pelle solo dove corre col Pd di Letta (Napoli), e la salverà nel feudo di Di Maio, non di Conte. Questa è la fotografia brutale dei rapporti di forza». Brutalissima. E veritiera.

Ecco. In due anni, i pentastellati hanno dissipato il duro lavoro degli ultimi dodici anni, hanno ribaltato tutti i loro principi e hanno perso il loro storico 30%, assieme alla dignità dei pionieri. Il politologo Aldo Gianuli, nel fotografare il loro declino rispolvera il paragone con il Pci che sprecò il risultato del 1976 votando per un monocolore Dc. Ed è vero. 

Si tratta ora di assistere all’ultima torsione di quel che rimane del M5s per restare in vita: Di Maio si staccherà e porterà i suoi voti sudisti da reddito di cittadinanza da qualche parte? Di Battista che ora parte per un tour territoriale – «un test», dice- si unirà a Casaleggio in un nuovo soggetto politico che richiama gli esordi? Beppe Grillo, anch’egli ieri colpito dai «vaffa…» degli ex militanti mollerà il colpo? Quel che è certo è che una pattuglia di ex duri e puri si sta affollando sulla riva del fiume. Ad aspettare un cadavere recalcitrante. Un cadavere recalcitrante e con la pochette…

 

 

 

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