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Virginia Raggi, la strategia contro Giuseppe Conte: fargli saltare i nervi in vista del ballottaggio. E poi...

Antonio Rapisarda
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Il primo - sulla carta il neoleader dei 5 Stelle - continua a fare il pieno nelle piazze (in questi giorni è in Sicilia) ma le urne, dopo il suo passaggio, restano vuote. A che serve, quindi? «A chi serve: al Pd...», sottolineano maliziosamente i suoi detrattori. La seconda può "vantare" a Roma un risultato disastroso ma meno fallimentare - frai suoi - in questa tornata di Amministrative ma non ha ricevuto dal primo il riconoscimento che si aspettava: lo ha visto correre ad abbracciare il neosindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, eletto guarda caso in quota dem. Anche per questo, ma tutt' altro che per questo, è pronta a far valere il suo peso e il suo ruolo nel neo-MoVimento. Il primo step? Far saltare i nervi e i piani al leader nel ballottaggio capitolino, con un «no» secco a Roberto Gualtieri e un caffè, che sa tanto di provocazione "terzista", addirittura con lo sfidante di centrodestra Enrico Michetti. Ancora è tutta da chiudere la finestra elettorale di ottobre ma fra Giuseppe Conte e Virginia Raggi si prefigura già così la divaricazione chiamata ad esasperare le parti in commedia di un MoVimento in cerca d'autore: da una parte c'è chi fantasticava un'alleanza fra pari con il Pd ma ne risulta oggi una «costoletta».

 

 

Dall'altra c'è chi - avendo rifiutato di cedere la propria ricandidatura sull'altare di Enrico Letta - si sente interprete dell'ultimo minuscolo affluente di ciò che è stato il M5S delle origini di Grillo (che l'ha voluta fra i garanti) e Casaleggio. Ruolo residuale? Certamente. Ma in questa fase destinato a incrociarsi con il malcontento montante da parte del ventre parlamentare del M5S proprio nei confronti dell'avvocato di Volturara Appula. Alcuni deputati l'hanno messa così, sfogandosi senza filtri con Libero: «Mentre Salvini fa politica, reagisce al risultato deludente delle Amministrative bombardando il governo, Conte che fa? Continua la campagna nelle piazze e lascia scoperto il MoVimento sui dossier e sul rilancio dell'organizzazione». A dire il vero serpeggia anche altro: «Beh sì, lo schiacciamento a sinistra...». Il sospetto, insomma, è che il progetto del neo-Movimento a trazione contiana («né carne né pesce») possa finire schiacciato nell'indistinta tentazione "ulivista" del segretario Pd che ha appena benedetto l'appoggio di Carlo Calenda per la sfida di Roma. Ad esorcizzare ciò, non a caso, è stato lo stesso Conte: «Non ce lo vedo affatto il M5S a fare il ramo di un "Ulivo"», ha affermato. «Noi siamo un albero che dà ossigeno da tempo e da prima degli altri».

 

 

Decisamente poco per i malpancisti che in mancanza di segnali concreti dell'ex premier sono pronti ad incoraggiare la resa dei conti che Virginia ha in testa: del resto - continuano le fonti - «la Raggi può rivendicare di non aver accettato di correre con gli altri partiti». E si dice che un suo ruolo come collettore della dissidenza «interna» in vista del 2023, oltre a non dispiacere a Beppe Grillo, potrebbe pure facilitare un canale con i fuoriusciti e soprattutto con Alessandro Di Battista. Davanti a uno scenario del genere - una fronda in azione mentre lui è in tour -, Conte ieri ha cercato di correre ai ripari. Come? Cercando di stoppare l'operazione Ulivo ma restando vittima della sua oscillazione. Da un lato c'è il "vorrei": «Con il Pd c'è la possibilità che ci possano essere dei progetti comuni con reciproca soddisfazione». Mentre per la Capitale «prendo atto che al ballottaggio c'è Gualtieri. È una persona di valore che non voglio sminuire nella possibilità di far bene». Dall'altro il "non posso": «Avevamo un sindaco uscente, Virginia Raggi, che aveva le carte in regola per chiedere agli elettori il rinnovo. Il Pd non ha aderito a questa nostra proposta. Non possiamo far finta di cancellare quel che è stato». E dunque passo avanti? Passo indietro? Il flop è comunque assicurato.

 

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