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Allarme fascismo? Toh che caso, subito dopo le elezioni si è sgonfiato

Forza Nuova in manifestazione

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Tu chiamale, se vuoi, (e)mozioni. Sarà stato a causa di Mattarella che quando parlava di «turbamento ma non preoccupazione», era come se dicesse «ragazzi, pensiamo alle cose più serie…». O sarà stato per Draghi, il quale con un mezzo sorriso suggeriva alla maggioranza di sfarinarsi –se proprio avesse dovuto- su altre priorità. Le fascisterie non sono un buon motivo per mandare l’esecutivo a ramengo.

Fatto sta che la moral suasion istituzionale deve pur aver contato se Pd, M5s, Iv, Psi, Leu e Autonomie Roma, alla fine, hanno ritirato le mozioni che chiedevano lo scioglimento di Forza Nuova e delle organizzazioni politiche di matrice fascista, trasformandole in un più blando “ordine del giorno”. D’altronde la musica -e le elezioni- son finite, gli amici se ne vanno, che splendida giornata come cantava la Vanoni; era un peccato sprecare il dì della vittoria nel dopo urne in uno strappo violento con gli alleati di governo. Draghi non avrebbe gradito. 

Sicché, ecco che il nuovo testo presentato al posto delle mozioni è siffatto: si «impegna il governo a valutare le modalità per dare seguito al dettato costituzionale in materia di divieto di riorganizzazione del disciolto partito fascista e alla conseguente normativa vigente, adottando i provvedimenti di sua competenza per procedere allo scioglimento di Fn». Tecnicamente è un’istanza molto più attutita in una girandola di sfumature interpretative. L’odg è un atto parlamentare di indirizzo rivolto al governo: in pratica si riallinea alle norme previste nell’articolo 3 della Legge Scelba del 1952 che vieta la ricostruzione dei partiti di ispirazione fascista. E qui, nell’odg, entra la formula “valutare le modalità”, che è come dire a Draghi: «noi, la sinistra sdegnata, vogliamo cancellare Forza Nuova, ma vedi tu, Presidente, tu cosa fare»; e lega, in sintesi, ogni decisione agli accertamenti e alle sentenze dei magistrati. Si agirà se Castellini e Fiore saranno riconosciuti colpevoli. Non prima.

Insomma, dieci giorni fa sembrava fossero calate le colonne della Gestapo in piazza Montecitorio; e ora, passata la buriana del voto con la vittoria di Letta & C., si torna al solito tran tran. Ovviamente, la conseguenza del gesto di realpolitik di sinistra e M5S produce un’azione uguale e contraria di Fratelli d’Italia. Che, quindi, prima ritira al Senato l’altra sua mozione per «contrastare ogni forma di violenza e di totalitarismo»; per poi presentarne una unitaria. Giorgia Meloni se l’era giocata bene, tatticamente. Aveva protocollato il suddetto atto unitario del centrodestra contro «tutti i totalitarismi» contemporaneamente alla mozione antifascista degli avversari. Sulla scorta delle richieste della stessa Ue sollecitata attraverso la commissaria all’Uguaglianza Helena Dalli, FdI aveva messo nero su bianco che fossero sì da cassare il fascismo e il nazismo. Ma pure l’antisemitismo dei centri sociali, la ferocia del Black bloc al G8 e dei Cobas, le commemorazioni del dittatore Mao Tse Tung da parte del partito marxista-leninista italiano, le devastazioni di Indymedia, le violenze dei No Tav e tutta la propaganda ideologica basata sull’odio religioso (leggi: estremismo islamico). E in imbarazzo, a quel punto, c’era finita anche la sinistra. 

Qual è l’epilogo? Che ognuno dei due schieramenti ha, di fatto, votato la propria idea di totalitarismo. Tranne Andrea Marcucci del Pd e Sandro Ruotolo del Misto che hanno votato contro il centrodestra, forse in virtù di un automatismo. Draghi, sol solito mezzo sorriso, si rimette al Parlamento e alle toghe. Il souflè, fuori dal forno della propaganda, si è sgonfiato (che sia un bene o un male è tutto da vedere…

 

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